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IRAN / ITALIAProteste del velo: «Si ha paura di scoperchiare il vaso di Pandora»

07.02.18 - 06:03
Con Anna Vanzan, autrice di "Le donne di Allah", parliamo del moto di rivolta femminile che attraversa al momento l'Iran
Proteste del velo: «Si ha paura di scoperchiare il vaso di Pandora»
Con Anna Vanzan, autrice di "Le donne di Allah", parliamo del moto di rivolta femminile che attraversa al momento l'Iran

TEHERAN / MILANO - Ormai dall’estate scorsa, ogni mercoledì, molte donne iraniane indossano veli bianchi e, in alcuni casi, se li tolgono per strada in segno di protesta contro l’obbligo di indossare questo indumento vigente nella Repubblica islamica. Il tutto documentato con foto postate sui social.

Da inizio gennaio, tuttavia, questa ribellione ha guadagnato una grande visibilità internazionale. Solo la scorsa settimana i media di tutto il mondo hanno per esempio riportato la notizia dell’arresto di 29 donne che protestavano così. Ad Anna Vanzan ‒ iranista, islamologa e autrice di “Le donne di Allah - Viaggio nei femminismi islamici” ‒ abbiamo chiesto che cosa sia cambiato in un Paese in cui, dopotutto, da sempre c’è chi lotta contro l’obbligo di portare il velo.

«Fra le donne esiste un sentimento di rivalsa» - «Le proteste del mercoledì bianco si sono innestate sulla recente ondata di malcontento a livello economico e politico», ricorda l’esperta. Questa occasione di un’inaspettata attenzione internazionale, unita al sentimento di rivalsa per le tante promesse non mantenute e alla difficoltà a far quadrare i conti motivano queste donne e le fanno sentire «più forti», spiega Vanzan. «La situazione, sempre in evoluzione in Iran, ha preso una piega particolare», sottolinea.

Solo ramanzine per i veli striminziti e il trucco pesante - L’atmosfera sembra insomma essere propizia per qualche concessione anche perché Teheran, al momento, «ha altre priorità»: «Già da qualche mese il regime ha ammorbidito il suo atteggiamento nei confronti dell’obbligo del velo», ricorda l’iranista. Le multe e gli arresti per chi non si attiene a un abbigliamento sufficientemente modesto sono così stati messi da parte. Ora, alle donne che sfoggiano veli grandi «come fazzoletti» abbarbicati su teste «cotonate e colorate» che svettano sopra a volti «pesantemente truccati» si preferisce propinare la vecchia ramanzina di Stato personalizzata sulla bellezza dell’hijab, il velo islamico.

«Si ha paura di scoperchiare il vaso di Pandora» - Più in là di così, però, è difficile che ci si spinga, valuta l’esperta: «Spero di sbagliarmi, ma nei prossimi anni è più facile che si arrivi a un rilassamento generale dei controlli che all'abolizione dell’obbligo di indossare il velo in pubblico», afferma. La strategia della «pentola a pressione», del resto, funziona «da anni»: «Quando c’è troppa tensione sociale il regime la allenta concedendo una valvola di sfogo», spiega Vanzan. L’imposizione del velo sarà invece «dura a morire»: «Si ha paura di scoperchiare il vaso di pandora ‒ continua ‒: se si cede su quel punto si sarà poi costretti a fare altre concessioni».

«A funzionare è l’ammutinamento quotidiano» - Le proteste contro il velo, iniziate «subito dopo la rivoluzione», hanno quasi 40 anni. Come si sono evolute? «In questi anni ce ne sono state varie, di maggiore o minore successo ‒ spiega la nostra interlocutrice ‒. Tuttavia, quella che sembra essere stata più efficace finora è una sorta di ammutinamento quotidiano, ripetuto, individuale (ma che diventa collettivo) in cui le donne si “ritagliano”, è proprio il caso di dirlo, delle libertà: riducono i veli rendendoli spolverini sempre più striminziti, leggeri e colorati».

A ciascun Paese il suo femminismo - «In Iran c’è una lunga storia di femminismo e le attiviste si rendono conto che, avendo problemi specifici, anche la loro strategia per risolverli non può essere quella messa in pratica a Washington piuttosto che a Roma», sottolinea Vanzan. «Dev’essere confezionata sulle esigenze specifiche della realtà locale ‒ continua ‒ e, da questo punto di vista, le iraniane sono sempre state molto brave nel cambiare in continuazione la strategia a seconda della situazione socio-politica del loro Paese».

Influenza dall’estero criticata - Le autorità iraniane insistono spesso sul fatto che queste “proteste del velo” siano fomentate dall’estero. Quanto c’è di vero? «In qualche misura è così ‒ conferma Vanzan ‒: le iraniane della diaspora, che hanno più libertà, lanciano infatti campagne che poi vengono seguite anche all’interno di Paese». Fra di esse, c’è per esempio la celebre pagina Facebook “My Stealthy Freedom” (“La mia libertà clandestina”). Il problema, continua la docente, è che chi vive all’interno dei confini della Repubblica islamica può subire conseguenze più gravi e trarre più danno che beneficio da questi movimenti: «Queste campagne sono state criticate da diverse attiviste iraniane per i diritti delle donne, che sottolineano come esse convoglino troppa attenzione sul tema dell'abolizione dell’obbligo del velo facendo invece dimenticare obiettivi più importanti», conclude.

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COMMENTI
 

pillola rossa 6 anni fa su tio
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