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INDIAUna "spy story" a 70 anni dalla morte di Gandhi

28.01.18 - 15:56
La Corte Suprema sta esaminando un'istanza che fornirebbe una verità alternativa all'assassinio del Mahatma
Keystone / AP
Una "spy story" a 70 anni dalla morte di Gandhi
La Corte Suprema sta esaminando un'istanza che fornirebbe una verità alternativa all'assassinio del Mahatma

NEW DELHI - I cultori della nonviolenza di tutto il mondo resteranno assai sorpresi martedì, giorno del 70esio anniversario dell'assassinio del Mahatma Gandhi, nel constatare che il governo indiano non ha programmato per questa data nessuna commemorazione ufficiale. E per la verità l'appuntamento non ha mobilitato neppure i movimenti sociali od i partiti nel ricordo di una personalità che universalmente viene considerata il "Padre della Patria indiana".

Questa sorta di oblio in cui la ricorrenza si è trovata immersa, tuttavia, è stata scossa alcune settimane fa dall'esame da parte della Corte Suprema indiana di una istanza presentata da Pankaj Phadnis, leader dell'organizzazione induista "Abhinav Bharat", in cui si espone l'ipotesi che Gandhi non sia deceduto il 30 gennaio 1948 per i tre proiettili sparati con una Beretta da chi è stato poi condannato ed impiccato come il suo assassino, Nathuram Godse.

Phadnis ha sostenuto che il proiettile mortale è stato un quarto, partito da una seconda rivoltella, nell'ambito di un complotto orchestrato dietro le quinte da un misterioso gruppo denominato "Force 136" operato dai servizi di intelligence britannici.

L'istanza sarà nuovamente esaminata in febbraio dal massimo tribunale indiano, ma Anrendra Sharan, un avvocato criminalista designato come "amicus curiae" dal tribunale per approfondire il tema, ha presentato un rapporto che toglie ogni credito alle supposizioni di Phadnis.

Ma perché dunque nessuno è interessato a ricordare l'anniversario della morte di Gandhi? La questione non ha facile risposta, tanto più che invece da tre mesi si è messa in moto una complessa macchina ufficiale per celebrare, a partire da fine 2019, il 150esimo della nascita di Gandhi.

Un Comitato nazionale presieduto dal primo ministro Narendra Modi, e integrato dai governatori di tutti gli Stati indiani, è stato già costituito per organizzare eventi in India e all'estero che si svilupperanno per un periodo di 12 mesi dal 2 ottobre 2019. Ossia, e questa potrebbe essere una interpretazione, dopo lo svolgimento delle elezioni legislative del 2019.

Alcuni critici del governo non esitano a sostenere che il modello di sviluppo attuale dell'India è sempre più lontano dal pensiero di Gandhi, e soprattutto contraddice la sua aspirazione ad una maggiore giustizia sociale e ad una riduzione della disparità fra gli indiani.

In effetti, secondo un rapporto presentato dall'Oxfam al recente Forum di Davos, l'1% dei ricchi indiani hanno incamerato il 73% del benessere generato dal Paese nel 2017. Il 67% della gente ha invece visto lo scorso anno crescere i propri introiti solo dell'1%.

Nel programma televisivo "Insight", Tushar Gandhi, pronipote del Mahatma, ha detto che in effetti «se Bapu (padre della Nazione) fosse qui non avrebbe permesso che le cose andassero in questo modo, che le disparità diventassero così vivide e crude».

Sulla stessa lunghezza d'onda, l'economista Sudarshan Iyengar ha sottolineato che «Gandhi era favorevole eventualmente a che tutti i cittadini indiani accettassero un livello più basso di reddito». Secondo lui questa «povertà volontaria» avrebbe permesso una ripartizione più equa delle risorse. «Il problema - ha ammonito - oggi in India è particolarmente evidente».

Da parte sua Subhash Agarwal, analista di India Focus, ha spiegato all'ANSA che «la nuova società indiana ha forti aspirazioni economiche e ha assunto come modello quello occidentale. Per essa Gandhi continua ad essere un intramontabile, ma sempre più sfocato, simbolo di virtù, sacrificio e austerità».

Quanto all'uso ufficiale da parte di governo e partiti di ogni tendenza dei simboli e della retorica gandhiana, per Agarwal «si tratta di un fenomeno reale, ma che sta lentamente riducendosi». Anche perché c'è oggi «un gruppo di studiosi che discute il ruolo di semi-Dio di Gandhi nella moderna politica indiana». E sostiene che anche il suo contributo all'indipendenza «può essere ridimensionato perché è chiaro che dopo due guerre mondiali, la Gran Bretagna aveva abbandonato i sogni imperiali e nel 1947 aveva premura di andarsene dall'India».

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