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ITALIALa sorella dell’attentatore di Londra: «Lo riempirei di botte»

08.06.17 - 10:08
Kaouthar, 25 anni, era scappata da una situazione familiare «irrecuperabile». A casa, però, nessuno era «fanatico», assicura
Keystone
La sorella dell’attentatore di Londra: «Lo riempirei di botte»
Kaouthar, 25 anni, era scappata da una situazione familiare «irrecuperabile». A casa, però, nessuno era «fanatico», assicura

FAGNANO DI VALSAMOGGIA - Non si nega alla stampa la famiglia, italiana, di Youssef Zaghba, l’attentatore che sabato ha preso parte all’attacco al London Bridge e al Borough Market di Londra. Questa volta a parlare è la sorella del terrorista, che racconta al corriere.it della rabbia che prova per il fratello, «soprattutto se sapessi che ha creduto fino in fondo alle sue azioni».

Kaouthar, 25 anni, se n’è andata dal Marocco a 18 quando ha capito che la situazione con il padre era «irrecuperabile»: «È un violento, di indole violenta. Picchiava me e mia madre», assicura. Lasciato il Paese natio, anche il rapporto con il fratello, una volta normale («Da bambini eravamo molto legati»), si è deteriorato: «Con il tempo ci siamo persi», lamenta Kaouthar. Al momento dell’attentato e da «qualche anno» a questa parte i loro scambi si limitavano a qualche messaggio: «Roba veloce tipo: come stai? Come va il lavoro? Oppure qualcosa di spiritoso, ogni tanto. Niente di più», racconta.

Lo sguardo sul fratello, però, ora è irrimediabilmente cambiato: «Ancora non riesco a credere che Youssef abbia potuto fare quello che ha fatto», confessa la 25enne al portale italiano. «Se ce l’avessi davanti lo riempirei di botte, giuro. Ma proprio tante, soprattutto se sapessi che ha voluto e creduto fino in fondo alle sue azioni. Non lo posso proprio accettare», spiega. Una rabbia e uno sconvolgimento tali da farle escludere categoricamente di partecipare alle sue esequie: «Non so che sentimenti potrei provare con la bara accanto. Non ci voglio essere, nemmeno se saranno in Italia», giura.

Il «carattere» di Youssef, valuta la sorella, era dovuto «in parte» all’esempio dato dal padre, che «mi picchiava per i brutti voti a scuola, perché non volevo portare il velo, perché frequentavo ragazzi o perché magari avevo fumato una sigaretta». La sua, sottolinea però, non era una famiglia di «fanatici»: «Tutti a casa mia sono sempre stati molto religiosi. Fanatici mai, però», assicura. Kaouthar, dal canto suo, è atea: «Io non credo in Dio, in nessun Dio. Non sono musulmana», afferma.

 

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