La decisione è stata annunciata dopo il ritrovamento di nuove mail in una vicenda «non collegata» alla precedente inchiesta chiusa a luglio. Trump esulta: «È un grande giorno»
WASHINGTON - Terremoto sulle elezioni americane: a 11 giorni dal voto, l'Fbi annuncia la riapertura dell'inchiesta relativa alle e-mail e ai server privati utilizzati da Hillary Clinton quando era segretario di Stato.
La decisione è stata annunciata dopo il ritrovamento di nuove mail in una vicenda "non collegata" alla precedente inchiesta chiusa a luglio.
A riaprire il vaso di Pandora è infatti l'inchiesta sullo scambio di immagini a sfondo sessuale da parte di Anthony Weiner, il marito del braccio destro di Hillary, Huma Abedin.
La notizia shock proviene dal direttore dell'Fbi James Comey che, in una lettera inviata ai membri del Congresso, ha comunicato la riapertura delle indagini per controllare nuove mail dell'allora segretario di Stato con l'obiettivo di verificare se contengano materiale classificato.
Lo stesso Comey che in luglio aveva di fatto archiviato il caso e, pur criticando la grave negligenza dell'allora segretario di Stato per l'uso di un server privato, aveva escluso responsabilità penali.
Dapprima il giallo sulla provenienza delle mail ha alimentato le ipotesi più svariate, dalle divulgazioni di Wikileaks agli hackeraggi russi. E' stato però il New York Times il primo a rivelare la notizia nella notizia: ovvero che le mail in questione, migliaia a quanto emerge, non sono di Clinton ma sono state rinvenute in seguito al sequestro di dispositivi elettronici nell'ambito dell'inchiesta circa il 'sexting' di Weiner con una 15enne. Poche settimane fa - e in piena campagna elettorale - Huma Abedin ha chiesto ufficialmente la separazione.
Non si sa se i contenuti in questione risultino alla fine compromettenti per Hillary, se vi sia davvero materiale classificato che non sarebbe dovuto circolare. Ma secondo fonti citate dai media Usa, l'Fbi non poteva fare altrimenti, pena far fronte ad eventuali accuse di insabbiamento una volta venuta fuori la vicenda. Non poteva aspettare insomma, a pochi giorni dal voto, anche nella consapevolezza che per venirne a capo ci vorrà del tempo.
La bufera è comunque immediata sulla candidata democratica, proprio adesso che si vedeva già pronta a planare su questo rush finale della lunga e tribolata campagna con tutti i sondaggi a suo favore e Donald Trump in difficoltà, irriverente e temerario nella sequenza di uscite sopra le righe (di qualche ore fa il 'suggerimento' di cancellare del tutto le elezioni investendolo direttamente della presidenza).
Il tycoon ora, ovviamente, esulta. La manager della sua campagna elettorale, Kellyanne Conway, twitta subito: «È un grande giorno». Lui dà la notizia di persona a una folla di suoi sostenitori in New Hampshire, che l'accoglie con un'ovazione, e ad Hillary Clinton attribuisce «una corruzione su una scala mai vista prima: Sono contento che l'Fbi stia ponendo rimedio a tutti gli orribili errori fatti».
E' una manna dal cielo per il candidato repubblicano e un dono inaspettato anche per il partito, forse ancor di più a questo punto per coloro che in fondo Trump candidato non l'hanno mai accettato del tutto. Come lo speaker della Camera Paul Ryan che interviene tempestivo, esortando alla "sospensione di tutti i briefing classificati per Hillary Clinton".
La candidata e il suo staff non sapevano nulla: hanno appreso della riapertura dell'inchiesta insieme a tutti gli altri, quando la notizia è stata resa pubblica. O forse anche qualche attimo dopo, visto che Hillary era in volo verso l'Iowa e pare che sull'aereo non fosse disponibile il servizio wi-fi. All'atterraggio l'ex segretario di Stato ha tardato a scendere, il suo entourage si è riunito in conference call e le bocche sono rimaste cucite.
Il direttore del Fbi: «Sentito obbligo di agire» - Il direttore dell'Fbi James Comey ha spiegato con una lettera ai dipendenti del bureau le ragioni della comunicazione al Congresso con cui ha reso noto la riapertura di fatto dell'inchiesta relativa alle mail di Hillary Clinton.
Comey ha affermato di aver "sentito un obbligo" ad agire in questo senso. "Naturalmente di solito non parliamo al Congresso delle indagini in corso, ma in questo caso sento un obbligo a farlo considerato che negli ultimi mesi ho ripetutamente testimoniato che la nostra inchiesta era conclusa. Credo inoltre che sarebbe fuorviante per il popolo americano non fornirne nota", si legge nella lettera ottenuta da diversi media americani.
Comey ha inoltre sottolineato la consapevolezza che vi sia il rischio di generare fraintendimenti, data la necessità di bilanciare le informazioni in una comunicazione breve e considerata la tempistica "nel mezzo di una stagione elettorale".