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UNIONE EUROPEADalla Commissione europea, 300 miliardi per i Paesi in via di sviluppo

30.11.21 - 21:00
Il piano si chiama "Global Gateway" vuole essere «una scelta positiva per lo sviluppo delle infrastrutture»
Keystone
Fonte Ats
Dalla Commissione europea, 300 miliardi per i Paesi in via di sviluppo
Il piano si chiama "Global Gateway" vuole essere «una scelta positiva per lo sviluppo delle infrastrutture»

BRUXELLES - Ufficialmente, è un modo per accrescere l'importanza geopolitica dell'Ue senza dichiarare apertamente guerra a nessuno. Praticamente, è l'alternativa alla nuova Via della Seta di Pechino. Si consuma nel gelo lo scontro sugli investimenti tra l'Europa e la Cina. A undici mesi dallo storico accordo politico sul reciproco accesso ai mercati, mai ratificato, la Commissione europea apre la strada a un piano da 300 miliardi di euro dedicato alla costruzione delle infrastrutture strategiche nei Paesi in via di sviluppo.

Una mossa dal chiaro intento politico, per fornire un'alternativa «basata sui valori» e su un «approccio etico», recita la bozza del documento anticipato dal Financial Times che domani sarà svelato dall'Alto rappresentante Ue, Josep Borrell. Insomma, un'alternativa alla Belt and Road Initiative con la quale negli ultimi otto anni Pechino ha esteso la sua portata e influenza a livello globale.

Il "Global Gateway", questo il nome formale del piano di Bruxelles, mette sul tavolo 300 miliardi da far fruttare nel breve periodo, entro il 2027, in piena ripresa economica post-pandemia. Cooptando al tempo stesso il settore privato, le istituzioni finanziarie europee, le banche nazionale di sviluppo e gli Stati membri. Con l'auspicio di portare sotto l'influenza occidentale alcuni Paesi in via di sviluppo (non ultimi i Balcani occidentali) che in questi anni hanno incassato i soldi di Pechino per la costruzione di infrastrutture strategiche come autostrade, ferrovie, ponti e porti. Salvo poi lamentare che i termini dei prestiti sono piuttosto onerosi e che alcuni progetti hanno bassi standard ambientali o edilizi.

Tutte osservazioni di cui Bruxelles intende fare bottino per offrire ai partner in via di sviluppo «una scelta positiva per lo sviluppo delle infrastrutture», investendo «nella stabilità e nella cooperazione internazionali» e dimostrando «come i valori democratici offrano certezza ed equità, sostenibilità e benefici a lungo termine per le persone di tutto il mondo». Nel concreto, il programma darà priorità agli investimenti strategici nella digitalizzazione e nell'ambiente in modo speculare a quanto fatto in casa con il Green Deal. E circa 135 miliardi di euro di investimenti saranno consentiti dalle garanzie del nuovo Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile Plus. Un grosso rischio, va da sé, per le relazioni tra il Dragone e l'Ue, già appesantite da quasi un anno di travaglio.

Finita l'era dell'ultima dei mediatori, Angela Merkel, anche il nuovo governo tedesco sembra benedire la nuova via, definendo per bocca dell'ambasciatore presso l'Ue, Michael Clauss, il "Global Gateway" «un'interessante alternativa all'iniziativa cinese Belt and Road» con "il potenziale per trasformare l'Ue in un attore geopolitico più efficace".

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