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CINAAnche la grande Cina inizia a dare segni di rallentamento

17.01.20 - 20:13
Il 2019 è l'anno peggiore per la crescita dal 1990. Ma è colpa solamente della guerra dei dazi con gli Stati Uniti?
Keystone
Anche la grande Cina inizia a dare segni di rallentamento
Il 2019 è l'anno peggiore per la crescita dal 1990. Ma è colpa solamente della guerra dei dazi con gli Stati Uniti?

PECHINO - L'economia della Cina è cresciuta di "appena" il 6,1% nel 2019, al peggior passo dal 3,9% del 1990, in uno scenario segnato dalla guerra dei dazi con gli Usa e chiusa mercoledì con la fragile tregua della 'fase uno'.

Il Pil, malgrado sia nella forchetta del 6-6,5% annunciata a marzo dal governo di Pechino, rappresenta una brusca frenata sul 6,6% del 2018, in base ai dati diffusi dall'Ufficio nazionale di statistica, risultati in linea con le previsioni degli analisti, includendo anche il 6% dell'ultimo trimestre, stabile coi tre mesi precedenti. Pur se alcuni dazi Usa sono stati rimossi, sul futuro dell'economia cinese pesano diverse incertezze, visti i rallentamenti di export e consumi.

Il vicepremier Liu He, all'indomani della 'fase uno', si era detto "ottimista" sull'outlook, osservando che alcuni dati macro di gennaio non meglio specificati indicavano sviluppi migliori delle attese, tali da far ben sperare sull'evoluzione dell'anno.

Partendo dall'osservazione dell'economia reale, il presidente della Camera di Commercio Ue in Cina Joerg Wuttke ha rilevato ieri che nei prossimi mesi c'è da attendersi che «alcuni settori più o meno riusciranno a tenere e altri avranno forse una debole espansione».

Un esempio su tutti è il settore dell'auto che da solo vale circa il 10% del Pil cinese: il 2019 è stato un anno disastroso, con una contrazione delle vendite del 9,6% sul 2018 (già in calo del 4,1%) a 21,4 milioni di unità, ed è difficile, con l'elettrico in difficoltà, ipotizzare un notevole rimbalzo.

Le turbolenze pro-democrazia di Hong Kong, un possibile rialzo dei prezzi del petrolio a causa delle tensioni in Medio Oriente e i riflessi della diffusione del virus simile alla Sars partito dal focolaio di Wuhan, potrebbero diventare altre minacce alla tenuta dell'economia. Su cui, oltre al pesante debito accumulato tra province e aziende statali, s'è aggiunto in modo strutturale quello dell'invecchiamento della popolazione.

L'Ufficio nazionale statistica, nell'annunciare per la prima volta il superamento della popolazione residente oltre quota 1,4 miliardi (a 1,40005 alla fine del 2019), ha rimarcato il crollo del tasso di natalità sceso ai minimi dalla fondazione della Repubblica popolare cinese nel 1949. Insomma, preoccupazioni per una società che invecchia e una forza lavoro in diminuzione.

Una rallentata ulteriore, invece, metterebbe a rischio il piano del presidente Xi Jinping sull'obiettivo della costruzione di una "società moderatamente prospera" entro il 2020, con il raddoppio del Pil pro capite rispetto a quello del 2010.

Senza contare gli impegni ad acquistare almeno 200 miliardi di beni Usa nel prossimo biennio, nell'ambito della tregua firmata a Washington il 15 gennaio. La 'fase uno' forse non fermerà la guerra tra Cina e Usa sui fronti commerciale e tecnologico, ma porterà un «temporaneo sollievo», ha osservato Fitch Ratings. L'agenzia internazionale, in un report, ha rialzato per ora dello 0,2% le stime sul Pil cinese del 2020, portandole al 5,9%.

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