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REGNO UNITOIl dopo Covid: Johnson prepara la "rivoluzione"

11.05.21 - 21:03
Il premier britannico guarda al futuro e lo affida ad un ricco programma di leggi e riforme
keystone-sda.ch / STF (JESSICA TAYLOR / UK PARLIAMENT H)
Fonte ATS ANS
Il dopo Covid: Johnson prepara la "rivoluzione"
Il premier britannico guarda al futuro e lo affida ad un ricco programma di leggi e riforme

LONDRA - Rinsaldato al potere dal voto delle elezioni locali di giovedì, nonostante la sfida degli indipendentisti dell'Snp in Scozia sulla pretesa d'un referendum bis sulla secessione, il premier britannico Boris Johnson guarda al futuro post Covid e post Brexit del Regno Unito come a un territorio ormai da conquistare per il governo Tory.

E ne affida il destino a un programma di leggi e riforme ai limiti del rivoluzionario, nelle intenzioni, su una prospettiva di durata al potere al momento solida e pluriennale, elencato nell'ennesimo Queen's Speech del regno di Elisabetta II: il Discorso della Regina, con cui Sua Maestà ha inaugurato oggi per la 67esima volta una sessione del Parlamento di Westminster.

Tornata in pubblico dal vivo un mese dopo il doloroso addio al principe consorte Filippo, suo compagno di vita per 73 anni, la 95enne sovrana ha svolto il compito con la consueta, inossidabile diligenza. Appoggiandosi alla mano offerta con grazia dall'erede al trono Carlo in veste quasi di co-reggente, ma per il resto senza esitazioni: in abito color perla da mattina e da monarca regnante ancora in sella.

Il tutto sullo sfondo di una cerimonia sempre solenne, ma resa più snella dalle residue precauzioni della pandemia in un Paese che pure in questa fase sembra stare uscendo dal tunnel meglio di chiunque altro in Europa a colpi di vaccini, a cui Elisabetta si è presentata unica e sola senza mascherina di fronte a un uditorio limitato. Non senza riservare un omaggio evidente a Filippo nella scelta per il tragitto, invece della carrozza o della solita Bentley reale, di una più spartana Range Rover: prediletta dal marito scomparso.

Gli ingredienti di BoJo
Contorno a parte, nella sostanza il manifesto johnsoniano si compone di due ingredienti base. Da un lato un programma economico improntato a forme d'interventismo tutt'altro che thatcheriane per iniettare investimenti verso le infrastrutture, pompare più fondi a beneficio di sanità, ricerca e istruzione, garantire il promesso "leveling up" del Paese (ossia un più equo accesso alle opportunità fra strati sociali e territori vari) o innescare «la rivoluzione» della formazione permanente nel mondo del lavoro finanziata da prestiti a fondo perduto in grado di offrire fino a 4 anni di corsi e studi superiori anche agli adulti decisi ad aggiornarsi in un tempo di cambiamenti; ma soprattutto a stimolare l'occupazione sotto le insegne di un mantra rivenduto e corretto dal premier nel successivo botta e risposta alla Camera dei Comuni con il leader laburista Keir Starmer e altri oppositori da "jabs, jabs, jabs" (vaccini, vaccini, vaccini) a "jobs, jobs, jobs" (posti di lavoro, posti di lavoro, posti di lavoro).

Dall'altro il capitolo etichettato come "populista" dai detrattori, con iniziative legislative controverse come quelle sull'introduzione di un documento d'identità per votare (che secondo le opposizioni penalizzerebbe i ceti più svantaggiati), per restituire al capo del governo pieni poteri sulla facoltà di convocare elezioni anticipate o ancora per imporre un'ulteriore stretta in materia d'immigrazione e condizioni necessarie a ottenere asilo sull'isola. Fino ad arrivare addirittura all'idea di un rinnovamento in radice «della democrazia e della costituzione» non scritta britanniche, destinato a tradursi in una discussa revisione degli equilibri fra politica e sistema giudiziario.

Senza dimenticare proposte più bipartisan sulla politica verde e l'impegno a rendere vincolanti gli obiettivi di riduzione delle emissioni che impattano sui cambiamenti climatici o sulla messa al bando definitiva delle fantomatiche "terapie" contro l'omosessualità. Ma neppure il richiamo a «misure per rafforzare l'integrità e l'unione» del Regno in risposta alle rinnovate ambizioni di rivincita referendaria della Scozia, affiancato dalla disponibilità a «rafforzare» la devoluzione: a cominciare dall'Irlanda del Nord afflitta da pericoli di ripresa delle tensioni in un dopo Brexit che alla lunga resta la variabile più incerta. Vera incognita sulle magnifiche sorti della "Global Britain" evocata da BoJo.

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