Un grazie di cuore va a Jenny e Luis, gli angeli della rianimazione: «Mi hanno salvato la vita»
Nel frattempo, secondo un membro del Comitato Scientifico inglese, il Regno Unito potrebbe avere uno dei peggiori bilanci in Europa
LONDRA - Due giorni in bilico sulla lama del destino: da un lato la vita, per il leader britannico a cavallo tra la Brexit, i trionfi elettorali, un altro matrimonio e un altro figlio in arrivo, dall'altro lato la fine, per mano di un minuscolo virus sconosciuto.
Boris Johnson ha raccontato così, quasi come una partita a scacchi con la morte, il ricovero in ospedale e la battaglia all'ultimo respiro chiusasi ieri dopo una settimana nelle corsie dell'ospedale St. Thomas di Londra, incluse le tre notti da incubo in terapia intensiva, con il ritorno a casa: guarito, assicurano i medici, proprio nel giorno della Pasqua di Resurrezione.
Però, in un Regno Unito stretto attorno al suo Ministro, non pare possibile nascondere le angosce e le polemiche legate allo scenario segnato da una valanga di decessi e di contagi: 717 morti in più registrati nelle ultime 24 ore fino a oltre 11'000, sebbene con una curva d'incremento in calo rispetto ai record della settimana scorsa; e 88'621 casi diagnosticati.
Numeri che spaventano, ma restano di sfondo in molti titoli di prima pagina. Dove, almeno per un giorno, giganteggia ancora l'immagine un Johnson provato e dimagrito nel video messaggio alla nazione di quasi 6 minuti registrato subito dopo l'uscita dall'ospedale. Messaggio in cui il Primo ministro ha rivolto un elogio e un grazie di cuore ai medici che l'hanno curato, agli infermieri, e a un servizio sanitario pubblico (Nhs) «alimentato dall'amore». E in particolare a «Jenny e Luis», neozelandese lei, portoghese lui, gli angeli della rianimazione che gli sono stati accanto ossigeno alla mano nelle 48 ore decisive, quando il pendolo fra luce e tenebra sarebbe «potuto andare in un senso o nell'altro».
Un'esperienza estrema, nelle parole di Johnson: «Mi hanno salvato la vita, non c'è dubbio». E che lascia come traccia l'ennesimo appello ai britannici a stare in casa, a prendere sul serio un'emergenza di fronte alla quale il suo stesso Governo è stato accusato, come altri, d'aver inizialmente oscillato, prima di arrivare a quel lockdown che ora il premier chiede alla gente di rispettare. Lockdown destinato a una proroga già preannunciata.
L'ultima parola, riferisce Downing Street, spetterà al consiglio dei Ministri sotto la presidenza di Dominic Raab, il titolare degli Esteri divenuto supplente di Johnson. Il premier, dimesso dopo l'esito di un secondo test al coronavirus risultato finalmente "negativo", ha precisato un portavoce, gli ha parlato nelle ultime ore, ma per il momento non potrà tornare al lavoro: confinato nella residenza di campagna di Chequers, 55 chilometri da Londra, per un numero imprecisato di giorni di convalescenza e riposo assoluto con la 32enne promessa sposa Carrie Symonds, incinta di 6 mesi e a sua volta reduce dal contagio.
A Raab e al resto della compagine spetterà intanto affrontare le polemiche su una pandemia che continua a galoppare, malgrado i primi "segnali positivi" di stabilizzazione verso il basso della curva di diffusione. «Non dico che non abbiamo difficoltà, ma stiamo recuperando», si è difeso Raab nel briefing di oggi, dopo aver confermato che il lockdown per ora proseguirà. «C'è molta strada da fare, ma stiamo iniziando a vincere la lotta», ha aggiunto. Resta da vedere se in tempo per scongiurare la funesta previsione di sir Jeremy Farrar, uno dei membri del comitato scientifico consultivo dello stesso governo (Sage), secondo cui di questo passo il Regno potrebbe alla fine avere «uno dei peggiori, se non il peggior» bilancio di vittime in Europa.