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CINAPechino attacca gli Usa: «Diffondete il panico, ma non ci aiutate»

03.02.20 - 22:20
Il coronavirus è diventato un affare di stato. E dalla Cina arriva un'accusa grave
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Fonte ATS
Pechino attacca gli Usa: «Diffondete il panico, ma non ci aiutate»
Il coronavirus è diventato un affare di stato. E dalla Cina arriva un'accusa grave

PECHINO - La Cina sferra un attacco frontale agli Stati Uniti, accusati non solo di diffondere il "panico" sull'epidemia del nuovo coronavirus di Wuhan, ma anche di non aver «provveduto ad alcuna assistenza sostanziale».

La portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying ha usato un insolito briefing online coi media, in linea con lo stato di emergenza e gli inviti delle autorità a non uscire di casa, per mettere letteralmente nero su bianco l'irritazione di Pechino per le mosse di Washington, a partire dal bando all'ingresso per i cittadini cinesi e gli stranieri provenienti dalla Cina. Da alcuni giorni il ministro degli Esteri Wang Yi va ripetendo che «gli amici non si comportano così» nei momenti di difficoltà, lavorando all'isolamento piuttosto che sulla solidarietà.

E la portavoce ha esplicitato il concetto, accusando alcuni Paesi, specialmente gli Stati Uniti, di reazioni fuori misura in considerazione del loro status di Paesi sviluppati e con sistemi sanitari avanzati, incuranti addirittura delle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Washington «non ha provveduto ad alcuna assistenza sostanziale, ma ha creato panico ininterrottamente», ha commentato Hua, usando parole in risposta a quanto detto ieri dal presidente Donald Trump. «Abbiamo offerto aiuto alla Cina» per l'emergenza del coronavirus, ha detto il tycoon in un'intervista a Fox, sottolineando che gli Usa hanno praticamente chiuso i viaggi con la Cina.

Pechino, invece, è in difficoltà e ha bisogno di materiale protettivo ed equipaggiamenti medici con l'epidemia che continua a tenere un passo sostenuto: i 361 morti attuali hanno superato i 349 della Sars del 2003, mentre i contagiati sono oltre 17'300 (tripli rispetto alla Sars) e i guariti sono saliti a quota 527.

«Quello di cui la Cina necessita urgentemente allo stato sono le maschere mediche, le tute e gli occhiali protettivi» ha proseguito la portavoce.

Oggi, s'è riunito il Comitato permanente del Partito comunista sotto la guida del presidente Xi Jinping. Data la certezza che la Cina fermerà l'epidemia del coronavirus e che punterà sulla prevenzione e sul controllo, il vertice è servito per mettere a punto «le risposte da dare all'emergenza» e per «studiare i prossimi passi». I media ufficiali hanno riferito l'impegno di Xi che «la provincia dell'Hubei e soprattutto la città di Wuhan sono la nostra priorità» e la lotta al coronavirus non è solo una questione di medica e di salute, ma un processo ampio. «Tutti gli sforzi devono essere indirizzati nella stessa direzione», ha aggiunto Xi, confermando la mano pesante contro chi violerà le disposizioni date o si macchierà di corruzione.

A Hong Kong, intanto, un nuovo fronte di scontro ha portato centinaia di medici e paramedici a scioperare chiedendo al governo locale la chiusura della frontiera con la Cina, come anti-coronavirus. La governatrice Carrie Lam si è rifiutata in un primo tempo di fare di più oltre alla riduzione dei collegamenti dei trasporti con la Cina continentale. Nel pomeriggio, invece, ha detto in conferenza stampa che Hong Kong avrebbe disposto la chiusura di altri accessi, lasciandone aperti solo tre.

«Lo sciopero del personale medico mette a rischio la salute dei pazienti», ha commentato la governatrice nella conferenza stampa pomeridiana. Nonostante ci siano solo 15 casi di contagio, la rabbia del personale medico dell'ex colonia è motivata dal ricordo dell'epidemia della Sars: nel 2003 morirono 300 persone contro le 349 della Cina continentale.

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