L'obiettivo dei promotori è quello di superare la quota di 4,2 milioni, raggiunta nel 2016 dal fronte "pro remain" per richiedere un secondo referendum
LONDRA - Veleggia verso 4 milioni di firme la petizione popolare lanciata sul web per chiedere al Parlamento britannico la revoca dell'articolo 50 - e quindi lo stop della Brexit, malgrado il voto referendario del 2016 - con il sostegno di diverse celebrità. In circa tre giorni il flusso non si è fermato e ora l'obiettivo dei promotori è superare quota 4,2 milioni, record assoluto per una petizione nel Regno Unito raggiunto a fine 2016 dallo stesso fronte pro Remain con la richiesta (peraltro vana) di un secondo referendum.
L'iniziativa viene comunque snobbata dal governo. Revocare la Brexit rappresenterebbe «un'irreparabile danno alla democrazia» e la premier Theresa May «non lo consentirà», ha detto ieri una portavoce di Downing Street. «Non sta a una petizione cancellare l'esito di un referendum», ha fatto eco oggi il viceministro Kvasi Kwarteng.
Sui numeri dell'appello pesa del resto qualche riserva: sono infatti conteggiati anche cittadini non britannici e il sistema è stato finora in grado di certificare la residenza nel Regno di meno di un milione e mezzo di firmatari.
Un vertice d'emergenza - Fino al 12 aprile tutti gli scenari resteranno aperti. Ma già nei giorni a ridosso di quella data - probabilmente il 10 o l'11 - molti, a partire da Angela Merkel, prevedono un vertice d'emergenza.
Il 12 aprile, data limite prevista dalla legge britannica per pronunciarsi sulla partecipazione al voto delle Europee, per i 27 leader rappresenta una "linea gotica". Solo con la convocazione dei comizi elettorali Londra potrà infatti sperare di ottenere una proroga più lunga, se il caos sulla Brexit dovesse ancora regnare sovrano a Westmister. E su questo - sottolineano le fonti - «non c'è flessibilità».
Altra data rigida individuata dai 27 leader è quella del 22 maggio, ultimo limite possibile invece per una proroga breve. Un'estensione che scatterebbe solo con l'ok dei Comuni al pacchetto sull'accordo di divorzio, la settimana prossima. «Oltre il 22 maggio - spiegano fonti Ue - ci sarebbero forti rischi di "infettare" le istituzioni europee col virus dell'incertezza legale e politica».