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ITALIAColleferro, l'ombra dell'aggravante razziale sull'uccisione di Willy

08.09.20 - 13:38
Il 21enne è stato picchiato a sangue nella notte tra sabato e domenica per aver tentato di difendere un amico
Depositphotos (archivio)
Colleferro, l'ombra dell'aggravante razziale sull'uccisione di Willy
Il 21enne è stato picchiato a sangue nella notte tra sabato e domenica per aver tentato di difendere un amico

COLLEFERRO - Ammazzato di botte a 21 anni per aver tentato di difendere un compagno di scuola. Così è morto Willy Monteiro Duarte, il giovane picchiato a sangue nella notte tra sabato e domenica a Colleferro, nella città metropolitana di Roma.

Contro di lui si sono scagliati in quattro, colpendolo ripetutamente a suon di calci e pugni. Il litigio era iniziato all'interno di un locale, proseguendo poi all'esterno. Ed è qui che il 21enne ha provato a intervenire, pagando il suo gesto con la vita. Una vicenda «tristissima e preoccupante», ha detto il prefetto Matteo Piantedosi, sulla quale ora aleggia anche l'aggravante razziale.

Se la ricostruzione sembra evidenziare un coinvolgimento dovuto al fatto di essersi trovato al proverbiale posto sbagliato nel momento sbagliato, gli inquirenti hanno il forte dubbio che gli aggressori abbiano poi infierito per via del colore della sua pelle. Un'ipotesi - si legge su Repubblica - che sembra avvalorata da alcuni commenti comparsi sui social e che viene sposata anche dagli amici della vittima.

«Le MMA non insegnano questo» - A essere emerso con una certa prepotenza è invece il profilo dei quattro arrestati, che come riportato dai media italiani non erano nuovi a gesti di violenza verso altri ragazzi.

Alcuni di loro erano appassionati e praticanti di arti marziali, attorno alle quali si è levato il consueto polverone. «Le MMA (Arti marziali miste, ndr.) non insegnano la violenza», ha spiegato Luca di Tullio, istruttore di due degli aggressori del 21enne ucciso, raccontando di aver già ripreso in passato i ragazzi dopo aver saputo che erano stati coinvolti in alcune colluttazioni. «Non sono il maestro dei killer».

Più duro ancora è stato il giudizio di Alessio Sakara, volto storico della disciplina in Italia, che alla Gazzetta ha parlato di «mele marce». «Usare lo sport come capro espiatorio è sbagliato, sbagliatissimo», ha detto alla "Rosa". «Non puoi mettere un’etichetta su qualcosa per colpa di due mele marce. La loro mentalità con le arti marziali non c’entra nulla. Anzi, nella vicenda il vero combattente, per mentalità, è stato Willy, che ha difeso un amico».

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