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LUGANO / VENEZUELA«Da Lugano guardo il mio Venezuela morire»

24.09.18 - 06:00
M.G è un ragazzo venezuelano che da anni vive e lavora a Lugano. Da qui manda soldi e medicinali alla sua famiglia e ci racconta cosa si prova a vedere le immagini di estrema povertà del suo Paese
Keystone
Un uomo cerca cibo tra i rifiuti
Un uomo cerca cibo tra i rifiuti
«Da Lugano guardo il mio Venezuela morire»
M.G è un ragazzo venezuelano che da anni vive e lavora a Lugano. Da qui manda soldi e medicinali alla sua famiglia e ci racconta cosa si prova a vedere le immagini di estrema povertà del suo Paese

LUGANO - Provate a pensare cosa vuol dire per un ragazzo venezuelano vivere a Lugano e pensare alla propria famiglia che invece vive in Venezuela, un paese dal quale ogni giorno arrivano notizie di povertà, dove mancano cibo, medicinali, da dove arrivano foto di bimbi nudi che vagano per le città, di scaffali di supermercati vuoti, di gente che fugge dal proprio paese per cercare un’ancora di salvezza nelle nazioni limitrofe.

M.G. (mettiamo solo le iniziali perchè preferisce l’anonimato), è originario del Venezuela, da alcuni anni vive e lavora a Lugano. Oggi ha 30 anni  Dopo esperienze professionali e formative in diversi posti di Europa, si è stabilito nel nostro Cantone. Qui lavora, qui si è costruito una rete di amicizie, è ben integrato nel nostro tessuto sociale, frequenta eventi e manifestazioni culturali, insomma a Lugano ci sta proprio bene. Ma il cuore, e soprattutto i suoi pensieri, vanno costantemente al suo paese di origine. E non resta indifferente di fronte a una notizia come quella di un paraplegico che su una sedia a rotelle fugge dal Venezuela per cercare medicine nella vicina Colombia.

Il problema della carenza di medicine è un aspetto preoccupante. «Anche io invio medicinali ai miei genitori che necessitano di alcune cure - ci racconta M.G. - lì mancano perfino le medicine più comuni. Li aiuto come posso inviando anche una parte dei miei soldi».

Cosa provi a leggere queste notizie drammatiche che arrivano dal tuo paese?

«Non è per niente facile vedere la gente del proprio paese soffrire in quel modo. La mia famiglia vive lì e ogni giorno mi preoccupo molto per loro. Anche perché io sono qui, in Europa, molto lontano da loro e divento sempre più ansioso ogni volta chi leggo notizie del paese o che mi raccontano la realtà che stanno vivendo».  

Dal racconto dei tuoi familiari o dei tuoi amici che abitano lÌ che situazione quotidiana emerge? 

«Emergono storie di grande fatica non a vivere, ma a sopravvivere. I prezzi salgono constantemente e adesso abbiamo l’inflazione più alta al mondo. I prodotti di base non si trovano facilmente e la gente deve fare lunghe code per comprare cibo a un prezzo decente». 

Secondo te perché il Venezuela è arrivata a una situazione di questo genere?

«Ormai sono quasi 20 anni che le stesse persone controllano il paese. Il Venezuela grazie al petrolio ha guadagnato miliardi di dollari, ma purtroppo questi non sono stati investiti nel benessere dei cittadini. Inoltre le principale industrie sono state espropriate dal governo facendo perdere la fiducia dei cittadini nel paese. L’inflazione e cosi incontrollabile che hanno tolto 8 zero alla moneta. Penso che ci vorrà tanto tempo prima che il paese possa riprendersi, ma prima di tutto penso che sia necessario un cambiamento e l’istituzione di una vera democrazia».

Il tuo paese un tempo era molto ricco, ha ospitato tanti emigranti italiani e anche tanti ticinesi che hanno trovato fortuna lì. Cosa è successo nel frattempo?

«Nel Venezuela c’è una comunità importante non solo di italiani ma anche di spagnoli e portoghesi. Purtroppo oggi tanti figli di quegli immigranti hanno iniziato ad abbandonare il paese a causa delle condizioni sempre più complicate. Ormai oggi possiamo trovare comunità di venezuelani in tutti gli angoli del mondo».

Quando è stata l’ultima volta che sei stato in Venezuela e che paese hai trovato?

«Non vado in Venezuela da più di tre anni. In quel momento non c’era una crisi tanto forte come quella attuale ma già la  svalutazione della moneta si poteva vedere in quel periodo, e si stava capendo che la situazione non poteva che peggiorare».

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