Cerca e trova immobili
Alcune irregolarità porteranno a lunghe polemiche
BRASILIA - Lula resta in prigione, ma il braccio di ferro giudiziario che ha tenuto in bilico ieri il Brasile - con due giudici contrapposti sulla possibile scarcerazione dell'ex presidente - avrà probabilmente conseguenze disciplinari per i due magistrati coinvolti nella polemica.
La maggior parte degli analisti indipendenti coincidono nel valutare che ieri ci sono state irregolarità sui due fronti: Rogerio Favreto, giudice di Porto Alegre di turno domenicale, non aveva la facoltà di ordinare, come ha fatto, la scarcerazione di Lula. Ma Sergio Moro, il magistrato di Curitiba diventato il simbolo delle inchieste anticorruzione, non aveva diritto di dichiarare che non avrebbe ubbidito ad un ordine di un superiore gerarchico.
Alle critiche tecnico-legali si aggiungono quelle politiche: Moro è accusato di essere l'esecutore di un "golpe giudiziario" contro il Partito dei Lavoratori (Pt), del quale però Favreto è stato membro durante quasi venti anni, prima di diventare magistrato. E così le due parti si accusano a vicenda di strumentalizzare la giustizia per scopi politici.
Dal punto di vista legale, lo scontro di domenica non cambia nulla: la richiesta di scarcerazione di Lula sarà discussa dalla plenaria del Supremo Tribunale Federale (Stf) solo dopo la pausa invernale dalle attività, che durerà per tutto il mese di luglio, come deciso da Edson Fachin, responsabile delle inchieste Lava Jato presso l'alta corte.
Fachin ha però precisato che prima di discutere la scarcerazione di Lula il Stf dovrà esprimersi sulla possibilità che l'ex-presidente si presenti come candidato per le elezioni dell'ottobre prossimo. La cosiddetta "legge della scheda pulita", infatti, vieta ai cittadini che sono stati dichiarati colpevoli in due gradi di giudizio. Come nel caso di Lula, che sconta a Curitiba una pena di 12 anni per corruzione e riciclaggio.
