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KENYATicinesi in Kenya: "Questo attacco non ci stupisce"

24.09.13 - 07:38
I ticinesi residenti in Kenya confessano di non aver provato stupore per l'attacco al Westgate Mall di Nairobi. E raccontano di sentirsi nonostante tutto al sicuro. La vita in Kenya di Francesca Bianchi e Massimo Faccoli
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Ticinesi in Kenya: "Questo attacco non ci stupisce"
I ticinesi residenti in Kenya confessano di non aver provato stupore per l'attacco al Westgate Mall di Nairobi. E raccontano di sentirsi nonostante tutto al sicuro. La vita in Kenya di Francesca Bianchi e Massimo Faccoli

NAIROBI - Sono diversi i ticinesi che vivono in Kenya e che in queste ore stanno vivendo da vicino le drammatiche ore al Westgate Mall di Nairobi. Abbiamo raggiunto Francesca Bianchi, ticinese che da più di due anni vive a Malindi, sulla costa del Kenya, dove gestisce una guest house con il marito, e Massimo Faccoli, che vive e lavora come ingegnere in Kenya dal dicembre scorso.

Intervista a Francesca Bianchi

Cos’ha provato alla notizia della presa di ostaggi al Westgate Shopping Mall di Nairobi?
"Purtroppo non posso dire stupore. Sarà perché sono mamma, ma il mio pensiero è andato subito alle vittime, ai feriti e alle rispettive famiglie. Poi è salita la rabbia, un altro colpo di al shabaab".

Come ha reagito l’opinione pubblica kenyota e la comunità straniera nel Paese a questo episodio di terrorismo?
"Ahimè non è la prima volta che succedono certi episodi, ma questa volta hanno colpito un centro commerciale dove sono presenti centinaia di persone, bambini e sicuramente un buon numero di stranieri e turisti. Hanno voluto che se ne parlasse internazionalmente".

Per la sua esperienza, come giudicherebbe la situazione della sicurezza in Kenya?
"Per quanto riguarda Nairobi non saprei, ma bisogna ricordarsi che si tratta di una grande città che, senza contare gli slum che la circondano, ha una popolazione di circa 4 milioni di abitanti. Riguardo a Mombasa che mi è più vicina, invece, la sicurezza si nota soprattutto all'ingresso dei centri commerciali: all'entrata del parcheggio controllano il bagagliaio e sotto le auto con degli appositi specchi, all'ingresso dell'edificio invece controllano singolarmente le persone con metal detector".

L’attacco di Nairobi era diretto contro un simbolo del benessere e della presenza straniera, si sente meno sicura dopo un episodio del genere?
"Qui a Malindi mi sento sicura, abito in una zona tranquilla non in centro dove potrebbe eventualmente accadere un episodio del genere. Non penso che episodi simili accadranno, Malindi è davvero troppo piccola, vogliono fare le cose in grande, noi siamo poco interessanti".

L’assalto è stato condotto da terroristi al-Shabaab somali, avere un vicino instabile e dominato dalla violenza come la Somalia come e quanto incide sulla vita in Kenya?
"Credo che vivere al nord del Paese non sia più così facile a livello emotivo e psicologico. Per quanto riguarda l'importazione di materiali e merci da altri Paesi che dovrebbero arrivare attraverso la Somalia, invece, ci possono essere disagi. Ricordo l'anno scorso quando era stata rapita la signora Francesca a Lamu, diversi prodotti erano difficili da reperire".

In generale, come descriverebbe la sua esperienza di svizzera in Kenya?
"Io mi sono adattata, ma comunque la cultura è molto differente, bisogna avere una mente molto aperta. Ovviamente non è nemmeno paragonabile la qualità di vita, qui ci si stressa per motivi ben diversi da quelli che possono invece esserci nella vita, soprattutto lavorativa, in Svizzera. I servizi in generale non sono sicuramente dei migliori. Nessun tipo di problema a livello religioso invece: cristiani, musulmani e hindu (queste le tre confessioni prevalenti a Malindi) si vive serenamente l'uno con l'altro".

Da quanto tempo si trova nel Paese e di cosa si occupa?
"Vivo a Malindi da più di 2 anni, faccio la mamma e gestisco una guest house, il Jumba Villa, con mio marito".

Intervista a Massimo Faccoli

Cos’ha provato alla notizia della presa di ostaggi al Westgate Shopping Mall di Nairobi?
"Premetto che io abito a un centinaio di chilometri da Nairobi, in una cittadina abbastanza tranquilla (Naivasha). Nella città vi è sgomento al momento in cui vengono date le notizie, ma poi le preoccupazioni quotidiane hanno il sopravvento. Da parte mia sapevo già che vi era questa possibilità avendo come vicini dei paesi turbolenti, perciò non sono sorpreso più di tanto degli avvenimenti successi".

Le capitava di frequentare quel centro commerciale?
"Non ho mai frequentato quel centro commerciale, ma vi sono spesso passato accanto".

Per la sua esperienza, come giudicherebbe la situazione della sicurezza in Kenya?
"La sicurezza è molto precaria sotto alcuni punti di vista, nel senso che vi è una delinquenza abbastanza pronunciata, ma a basso livello, soprattutto gente che ruba per mangiare. Il grosso problema in Kenya è la corruzione. Sotto altri aspetti vi è un buon controllo, come l'ufficio per l'emigrazione che ha il certificato ISO 9000".

L’attacco di Nairobi era diretto contro un simbolo del benessere e della presenza straniera, si sente meno sicuro dopo un episodio del genere?
"Io credo che sia solo un'attacco all'economia keniota e che lo straniero sia solo una rappresentanza di questa economia, quindi come singolo straniero penso che non vi siano grandi pericoli".

In generale, come descriverebbe la sua esperienza di svizzera in Kenya?
"Qui è una situazione molto diversa da quella a cui siamo abituati in Svizzera, l'europeo è visto come rappresentante del denaro quindi quando arriva lo straniero i prezzi aumentano. Per il resto è un bel paese e la gente è cordiale".

Da quanto tempo si trova nel Paese e di cosa si occupa?
"Mi sono stabilito in Kenya da poco tempo, dal dicembre 2012. Lavoro come ingegnere presso una ditta che fabbrica alcolici".

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