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STATI UNITIQuelle pandemie che fino a ieri non ci facevano paura

26.03.20 - 00:09
Il Covid-19 ha senza dubbio alterato le nostre percezioni sulle minacce globali. Cosa ci preoccupava prima?
keystone-sda.ch / STF (Moises Castillo)
Quelle pandemie che fino a ieri non ci facevano paura
Il Covid-19 ha senza dubbio alterato le nostre percezioni sulle minacce globali. Cosa ci preoccupava prima?
Inquinamento, conflitti religiosi e diseguaglianze. Le nostre preoccupazioni sono spesso legate alle problematiche locali e proiettate su larga scala.

WASHINGTON - La percezione che abbiamo nei confronti delle minacce a livello globale ha subito un drastico cambiamento nel corso degli ultimi mesi a causa del nuovo coronavirus, che partendo dalla Cina è riuscito a toccare oltre 190 Paesi in tutto il mondo.

Prima che il virus SARS-CoV-2 catapultasse nuovamente le pandemie in cima alla sinistra graduatoria, lo spettro di un contagio su scala mondiale non faceva spesso capolino nelle discussioni in materia di pericoli. E questo nonostante le parole di personalità come Bill Gates, che nel 2015 - mentre l’Africa occidentale si confrontava con una gravissima crisi epidemica di ebola - disse che il mondo non era preparato ad affrontare una nuova pandemia.

«Microbi e non missili». Leggendole oggi hanno il retrogusto di un’amara profezia, ma uno studio effettuato nel 2014 dal Pew Research Center di Washington conferma quanto l’eventualità fosse effettivamente presa sottogamba in quasi tutte le realtà continentali del pianeta. In Europa solamente in 5% degli intervistati la riteneva la minaccia prioritaria. Simile scenario negli Stati Uniti, con il 7%. In Medio Oriente e Asia si oscillava tra il 10% e il 12%, ponendo in cima alle rispettive classifiche l’odio religioso (34%) e l’inquinamento (22%). Solamente il continente africano - in piena epidemia da virus ebola - identificava nelle malattie infettive lo scenario di minaccia più preoccupante (29%).

Da locale a globale - Dai dati emerge l’inevitabile proiezione della situazione locale sulla percezione globale. Questo trova conferma ad esempio negli Stati del Medio Oriente, che trovandosi nel mezzo di violenti conflitti a sfondo religioso non potevano che indicare proprio questi come minaccia prioritaria. In Europa a prevalere erano invece le disuguaglianze sociali, in particolare nei paesi colpiti duramente dalla crisi come la Grecia (43%) e la Spagna (54%).

In Asia a dominare le preoccupazioni erano in prevalenza inquinamento e odio religioso, ma il valore singolarmente più alto è il 49% riferito alle armi nucleari rilevato in Giappone. Non a caso l’unico Paese nella storia ad aver subito un attacco di questo genere.

Saremo pronti per la prossima? - Il nuovo coronavirus ha trovato nella globalizzazione un grande alleato. In un mondo in cui è possibile raggiungere qualsiasi altro punto del globo nel giro di 36 ore, il contagio ha potuto diffondersi silenziosamente a macchia d'olio. Le quantità e la velocità delle connessioni hanno fatto sì che ci si accorgesse del problema quando ormai era troppo tardi.

La velocità di reazione è un fattore di critica importanza. L'Organizzazione mondiale della sanità da questo punto di vista aiuta i singoli Paesi a coordinare una risposta, ma - come sostenuto da più esperti - saranno necessari altri interventi in futuro per limitare il rischio di una prossima pandemia. E in questo senso il nuovo coronavirus è un chiaro e forte campanello di allarme.

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