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IRANL'ira della piazza a Teheran: «Khamenei, dimettiti»

11.01.20 - 19:45
La rabbia della popolazione contro il regime, che ha tenuto la verità sull'abbattimento nascosta per alcuni giorni
keystone-sda.ch / STF (ABEDIN TAHERKENAREH)
L'ira della piazza a Teheran: «Khamenei, dimettiti»
La rabbia della popolazione contro il regime, che ha tenuto la verità sull'abbattimento nascosta per alcuni giorni

TEHERAN - Un Iran che solo pochi giorni fa, nelle gigantesche commemorazioni per il generale Qassem Soleimani, era sembrato ricompattarsi davanti al nemico americano, è scosso ora da nuove proteste contro il regime, colpevole ai loro occhi non solo per l'abbattimento involontario del Boeing ucraino, ma anche per aver cercato di tenere nascosta la verità per almeno tre giorni.

Scontri sono avvenuti sabato sera a Teheran, quando la polizia ha usato gas lacrimogeni e ha caricato per disperdere una folla che scandiva slogan contro la Guida suprema, Ali Khamenei, contro le Guardie della rivoluzione e contro la stessa Repubblica islamica.

«Comandante supremo delle forze armate, dimettiti», hanno gridato i manifestanti radunatisi davanti all'università Amir Kabir, dove molte delle vittime del volo PS-752 della Ukraine International Airlines avevano studiato. E poi: «Referendum per la Costituzione». Un chiaro appello ad un cambiamento del sistema di governo religioso.

Alcuni testimoni hanno riferito via social media che i dimostranti hanno poi cominciato a marciare lungo il Viale Hafez, su cui si affaccia l'ateneo, mentre alcuni video hanno mostrato persone che correvano nelle strade attorno all'università. Molte celebrità locali, tra cui artisti, gente del cinema ed atleti hanno postato sulle proprie pagine Twitter e Instagram messaggi di solidarietà con le vittime e critiche al sistema. La regista e attrice Rakhshan Banietemad aveva annunciato per domani un raduno sulla Piazza Azadi al quale avrebbero dovuto partecipare molti suoi colleghi, ma poi ha cancellato l'iniziativa in seguito, ha spiegato, ad «un duro monito delle forze di sicurezza».

La rabbia è esplosa al tramonto, dopo una giornata trascorsa dalla maggior parte degli iraniani in stato di shock per l'ammissione della responsabilità dei Pasdaran nell'abbattimento dell'aereo. Mentre via Internet continuavano a circolare le fotografie dei 145 iraniani - compresi quelli in possesso anche della cittadinanza canadese - morti nello schianto. Volti sorridenti di uomini e donne simboli del successo della diaspora iraniana, studenti e affermati professionisti, che tornavano in Occidente dopo le vacanze natalizie nel Paese d'origine. Tra le immagini, anche una in abito da sposa di Sara Momeni con il marito Siavash, che erano tornati in Iran proprio per il matrimonio. Così come un'altra coppia, Arash e Puneh. Mentre la gente nei giorni scorsi si commuoveva per loro, nessun messaggio di cordoglio arrivava dalle autorità, impegnate a smentire ogni coinvolgimento nella tragedia.

A decidere che la verità non poteva più essere negata è stata la Guida suprema in persona, Ali Khamenei, dopo una riunione svoltasi ieri del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale durante la quale, secondo quanto riferiscono fonti ufficiose, ci sono stati non pochi momenti di tensione.

Il repentino cambiamento di rotta da parte dei vertici dello Stato ha lasciato interdetti anche alcuni fra i seguaci più fedeli della Repubblica islamica: «Nei giorni scorsi ci hanno detto che quelle occidentali erano false accuse, solo guerra psicologica, e oggi invece vediamo che avevano ragione», dice all'ANSA Mohsen, 39 anni, membro dei Basiji, le milizie dei volontari islamici impiegate in appoggio ai Pasdaran in varie funzioni, compreso il controllo della piazza. Ora a Mohsen non basta la punizione di chi ha commesso l'errore fatale, ma pretende anche un processo alle «autorità che hanno nascosto i fatti per 72 ore».

Sheida, una studentessa di 20 anni, dice di ammirare il generale Soleimani «per la sua guerra all'Isis», e di essere stata anche in favore della rappresaglia iraniana. «Ma mi sembra di impazzire - aggiunge - quando immagino gli iraniani a bordo dell'aereo e un missile made in Iran che si avvicina». Anche Atefeh, una signora madre di due figli, è una sostenitrice del regime. «Mio zio e mio cugino - dice - sono morti nella guerra con l'Iraq, ma almeno sappiamo che sono stati uccisi dal nemico. Adesso passeggeri iraniani sono stati uccisi dalle forze iraniane, come fossero stati stranieri nella loro terra».

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