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CINACina contro il New York Times per l'articolo sullo Xinjiang

18.11.19 - 14:49
Il giornale americano ha pubblicato documenti in cui Xi Jinping esortava a non usare «alcuna pietà» nella regione a maggioranza musulmana
Keystone
Un campo di internamento nello Xinjiang
Un campo di internamento nello Xinjiang
Cina contro il New York Times per l'articolo sullo Xinjiang
Il giornale americano ha pubblicato documenti in cui Xi Jinping esortava a non usare «alcuna pietà» nella regione a maggioranza musulmana

PECHINO - La Cina attacca il dossier del New York Times sui documenti riservati sul giro di vite contro le minoranze musulmane dello Xinjiang, dove un milione di persone è nei campi di rieducazione. Il New York Times, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, ha ignorato le ragioni alla base e i successi di quella campagna contro povertà, separatismo ed estremismo religioso.

Senza mettere in dubbio la validità dei documenti, che menzionano anche il ruolo guida del presidente Xi Jinping, Geng ha accusato l'articolo di avere «interpretazioni scelte» per colpire gli sforzi nello Xinjiang.

La ricostruzione del New York Times è stata fatta sulla base di oltre 400 pagine di documenti interni, in cui figurano anche i discorsi a porte chiuse del presidente Xi Jinping ad aprile 2014, nella sua unica visita nella regione, in cui parlò di «nessuna pietà» contro separatismo ed estremismo.

Geng ha accusato il quotidiano Usa «puntare un occhio cieco ai fatti», mentre «estrapola fuori dal contesto per pubblicizzare i cosiddetti documenti interni, diffamare e sporcare gli sforzi sul controterrorismo e la deradicalizzazione nello Xinjiang».

«La Cina non sarà mai morbida nella sua lotta ai terroristi violenti»: Geng, in conferenza stampa, ha ricordato che «migliaia di violenti incidenti di terrorismo sono accaduti nello Xinjiang» tra gli anni '90 e il 2016, ma le attuali politiche di prevenzione hanno azzerato la situazione negli ultimi tre anni.

Il New York Times ha precisato che il materiale è stato messo a sua disposizione da un personaggio politico cinese che ha espresso l'auspicio che la sua diffusione potesse prevenire la leadership, incluso Xi, dalla fuga dalle responsabilità per le detenzioni di massa. I documenti raccolti includono le confessioni di Wang Yongzhi, un funzionario locale, che fu punito per il rilascio di oltre 7.000 persone dai campi. La mossa di Wang era motivata dai timori che «radunare così tante persone avrebbe consapevolmente alimentato il conflitto e aumentato il risentimento».

Geng ha osservato che «i funzionari e i componenti di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang sostengono in pieno» le politiche del governo centrale nella regione.

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