Cerca e trova immobili

BERLINOIl Muro dietro la telecamera: «Vi racconto come è andata»

09.10.19 - 09:12
La testimonianza del regista Jürgen Ast ci riporta alla caduta della "cortina di ferro" che, esattamente trent'anni fa, iniziava inesorabilmente a sgretolarsi.
Keystone
Il Muro dietro la telecamera: «Vi racconto come è andata»
La testimonianza del regista Jürgen Ast ci riporta alla caduta della "cortina di ferro" che, esattamente trent'anni fa, iniziava inesorabilmente a sgretolarsi.

BERLINO - Era l'ottobre del 1989. L'ultimo mese del Muro. Ad abbattere la barriera tra le due Germanie, ben prima dei colpi di piccone, furono le frotte di profughi disperati. Il cineasta Jürgen Ast era lì, tra il centro di Berlino e Prenzlauer Berg: la sua casa a ridosso di quella raccapricciante parete. Ricorda la vita nella Ddr come «un vuoto enorme, tanti desideri repressi. Disorientante».

Non è dunque un caso che lei abbia scelto di documentare quegli anni con i suoi lavori cinematografici.
«Ho sempre pensato, quando vivevo all'est, che l'esperienza di milioni di persone andava prima di tutto rispettata. Nessun film-spettacolo, piuttosto testimonianze su più fronti per far capire il dramma. Premi e soldi non mi interessano, desidero che il pubblico sia soddisfatto».

Dal 9 novembre 1989, giorno della caduta del Muro, è in pratica partita la sua nuova attività. Lei dove si trovava quel giorno?
«Lavoravo. Sotto il regime comunista mi occupavo di cultura e stavo preparando una manifestazione di jazz per i due giorni a seguire. Appresi dalla televisione lo straordinario evento quando rincasai tardi la sera».

Fu sorpreso?
“No, affatto. Erano in corso da giorni manifestazioni in tutto il Paese, in particolare a Lipsia, e il governo della Ddr non dava più l'impressione di avere in mano la situazione. Quel giorno, a Berlino, c'era più di un milione di dimostranti e la situazione era sfuggita al controllo delle guardie armate. La Ddr era collassata”.

I padroni dell'Unione sovietica non intervennero. Per quale motivo?
“Una superpotenza del genere, supportata dal suo arsenale nucleare, avrebbe ristabilito l'ordine con il sangue, ma la lungimiranza del futuro presidente dell'Urss, Mihail Gorbaciov, aveva favorito la riunificazione della Germania, evitando una strage. Senza di lui non sarebbe caduto il Muro”.

Cosa significa per lei la libertà?
“Mia nonna abitava a Kiel, nella Gemania ovest, e andavo a trovarla con grande affetto. Da un giorno all'altro non l'ho più vista. La libertà ha un valore enorme quando può renderti felice e ti fa sentire realizzato, senza che qualcuno si appropri del diritto di impedirtelo con la forza. La capisci fino in fondo quando non ce l'hai”.

La Ddr era dunque un incubo?
“L'essere umano cerca in ogni luogo la sua fortuna e la sua felicità. Il regime era duro, centinaia di migliaia di persone avevano subìto l'erezione del Muro con le sue imposizioni e le sue vittime, ma l'equilibrio si cercava soprattuto all'interno del nucleo familiare, dove eravamo contenti. Restavano i desideri, tanti. Personalmente sognavo di prendere un caffé a Parigi”.

L'apertura dei confini ha dato sfogo alla vostra curiosità. Non è vero?
“Sicuramente abbiamo cominciato a viaggiare in ogni luogo, ma non credo che questo ci ha resi più felici di prima a livello privato. È stato un sentimento strano, siamo stati proiettati su di un altro pianeta. Fortunatamente liberi”.

La sua ultima produzione, “Bernauerstrasse”, realizzata insieme a suo figlio Daniel (37 anni), è drammatica. Concorda?
“Inevitabile. La Bernauerstrasse rimane la strada-simbolo, la linea di demarcazione tra Est e Ovest, il confine tra il settore sovietico e francese dopo la fine della guerra del 1945. Le porte d'ingresso di tutte le case sul lato della Ddr furono chiuse, le finestre murate, le persone sfrattate. Spostarono le tombe di un cimitero che interferivano con l'espansione della striscia di confine. Oggi, l'ex striscia della morte è integrata nel luogo commemorativo del Muro di Berlino. Per noi era importante garantire la qualità delle immagini dell'epoca e la credibilità delle testimonianze».

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE