È la prima volta che il terrorista riconosce le quattro uccisioni per cui è condannato: «Mi rendo conto del male che ho fatto»
MILANO - Cesare Battisti, il terrorista dei Pac arrestato a gennaio dopo quasi 40 anni di latitanza, ha ammesso per la prima volta, davanti al pm di Milano, Alberto Nobili, di essere responsabile dei quattro omicidi per cui è stato condannato.
«Mi rendo conto del male che ho fatto e chiedo scusa ai familiari» delle vittime, ha dichiarato il 64enne. Oltre agli omicidi, Battisti ha ammesso anche i tre ferimenti, le rapine e i furti per i quali è stato riconosciuto colpevole.
La sua ammissione «fa giustizia di tante polemiche che ci sono state in questi anni, rende onore alle forze dell'ordine e alla magistratura di Milano e fa chiarezza su un gruppo, i Pac, che ha agito dalla fine degli anni '70 in modo efferato», ha detto il procuratore di Milano, Francesco Greco.
Il terrorista dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, è stato condannato in via definitiva per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell'agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. Battisti si era finora sempre dichiarato innocente.
Strategia processuale? - «Non voglio entrare nel dettaglio della vicenda e del procedimento, pur avendo io difeso molte vittime del terrorismo. Ma è difficile credere a un pentimento dopo 40 anni: lo poteva fare prima, poteva rientrare prima in Italia e scontare la pena. Dal suo punto di vista personale, questo può diventare senz'altro un atto liberatorio, ma non c'è dubbio che, fatto adesso, questo gesto vada interpretato anche come una strategia processuale».
È la valutazione espressa dal penalista Walter Biscotti, che ha patrocinato le vittime del terrorismo in vari processi, interpellato dall'Ansa sulla decisione di Cesare Battisti di ammettere le proprie responsabilità di fronte ai pubblici ministeri, confessando in particolare i quattro omicidi per i quali è stato condannato in via definitiva, ma dei quali finora si era sempre detto innocente.
Il 22 marzo scorso la Corte d'Assise d'Appello di Milano ha respinto l'istanza della difesa e ha stabilito che Battisti debba continuare a scontare la pena in isolamento diurno. Ma il nodo più importante da sciogliere riguarda l'ergastolo: il legale di Battisti ha chiesto che venga commutato in 30 anni di carcere. Il 17 maggio è prevista l'udienza che dovrà decidere proprio su questo punto. È in questo quadro che si inseriscono le dichiarazioni fatte ora dall'ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo (Pac).
«Credo che Cesare Battisti - spiega l'avvocato Biscotti - abbia fatto una confessione degli atti delittuosi da lui commessi per poter rientrare nei benefici previsti dalla legge del 1987 che consente la commutazione della pena e anche l'accesso ad altri benefici. La differenza è rilevantissima, perché accedendo a questi benefici Battisti può certamente prevedere prima del previsto una possibile libertà. Già il fatto che la pena dall'ergastolo possa passare a 30 anni, significa che può accedere ai benefici di legge quando ha scontato almeno metà della pena. E scontare metà della pena significa, concretamente, scontare 12 anni per avere i primi permessi».
Del resto, fonti qualificate vicine al dossier, fanno notare che in linea teorica le ammissioni fatte da Battisti possono incidere anche sul regime detentivo, allontanano per lui il rischio del '41bis', il carcere duro. Non solo. «Tra le pieghe della legge sulla dissociazione - aggiunge Biscotti - ci sono certamente altri benefici, come l'ammissione al lavoro esterno. Moretti e molti gli altri brigatisti, essendosi dissociati hanno iniziato abbastanza presto a lavorare all'esterno del carcere, pur avendo avuto l'ergastolo».