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La ferrovia della discordia

Pochi entusiasmi e molte polemiche. Vi raccontiamo i turbolenti venti anni di TAV
Pochi entusiasmi e molte polemiche. Vi raccontiamo i turbolenti venti anni di TAV

L’Europa, e non solo, si chiede se il Tav si farà oppure no. Lo vuole sapere l’Europa ma anche gli italiani, da sempre divisi tra favorevoli e contrari al progetto, e i francesi coinvolti nella realizzazione della tratta ferroviaria. Se lo chiedono i vice premier Matteo Salvini e Luigi di Maio, che muniti di dossier e contro dossier tirano ognuno acqua al proprio mulino. Se lo chiedono in tanti ma nessuno sembra, al momento, poter fornire una risposta adeguata. L’ambizioso progetto che prevede la realizzazione della tratta ferroviaria Torino-Lione, dai più definita impropriamente Tav e cioè ‘treno ad alta velocità’, sembra essersi nuovamente arenato, questa volta andando a sbattere contro il muro del ‘No’ costituito dal dossier, reso pubblico il 12 febbraio, della commissione tecnica voluta dal ministro dei trasporti Danilo Toninelli e presieduta dall’economista Marco Ponti. A sostegno di un progetto che, sulla carta, sarebbe dovuto essere necessario per il miglior transito di persone e merci, si è speso il sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri il quale ha dichiarato che “Concludere il progetto costa meno che fermarlo”, come a dire “dato che si è in ballo...”. Cosa è rimasto dell’idea futurista propugnata dai pro Tav di un treno che avrebbe unito le persone, migliorato l’ambiente, ridotto i costi di trasporto?


Capitolo 1

L'inizio di un lungo tormento


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Ad onor del vero, da sempre, quella del Tav è una storia tormentata e pur essendo passati oltre 20 anni dai primi studi sulla sua fattibilità sono rimaste precarie le motivazioni a sostegno della sua realizzazione come se, a dispetto degli enormi cantieri aperti e dei lavori già avviati, il tutto potesse essere smantellato in qualsiasi momento. Come se l’ambizioso progetto non fosse mai stato capito ed accettato fino in fondo, un grande equivoco ad iniziare dal nome: si parla di Tav, treno ad alta velocità, quando l’opera è tecnicamente definita come una ‘linea mista con specifiche tecniche di interoperabilità. In pratica permette il passaggio di treni passeggeri ad una velocità massima di 220Km/h e di treni merci ad una velocità massima di 120 km/h mentre la velocità di punta di una alta velocità propriamente detta è di 250 km/h secondo la definizione data della normativa europea.

Il primi passi del progetto - La Nuova Linea Torino-Lione, abbreviato anche in NLTL, è una linea ferroviaria internazionale di circa 235 km, destinata al trasporto di merci e passeggeri, e che, secondo gli accordi del 2001 e del 2012 intercorsi tra Italia e Francia, si articolerebbe in tre sezioni: una tratta internazionale, costituita da una ‘galleria base’ a doppia canna tra Susa e Saint Jean de Maurienne, e due tratte nazionali aventi come punto di arrivo Torino da una parte e Lione dall’altra. Nel 1990 nasce il Comitato promotore per l’Alta velocità sulla direttrice Trieste-Torino-Lione, presieduto, per la parte privata, da Umberto Agnelli, a cui succedette l’anno successivo Sergio Pinifarina e da Vittorio Beltrami della Democrazia Cristiana per la parte pubblica. Il primo studio di fattibilità, come detto, risale al 1991 e venne commissionato dal governo italiano e francese, ricevendo poi, nel 1994, concretezza dal Consiglio europeo che iscrisse la nuova linea Torino-Lione tra i 14 progetti europei nell’ambito dei trasporti a cui dare la priorità. Il 15 gennaio 1996 a Parigi Giovanni Caravale, ministro dei Trasporti del governo tecnico Dini, firma il primo accordo con la Francia, creando una Commissione intergovernativa per gettare le basi alla realizzazione della grande opera.

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Nascono i no TAV - Con la concretizzazione del progetto, prende forza anche il movimento di coloro che si dichiarano contrari ad essi, indicati come ‘No Tav’, i quali iniziano ad organizzare manifestazioni di protesta: il 2 marzo 1996 nel paese di Sant’Ambrogio di 

Torino sfilano per strada oltre 3 mila manifestanti. All’inizio del nuovo secolo, il movimento di protesta rafforza le sue fila e si ingrandisce, anche in concomitanza con l’inizio dei lavori. Infatti, dopo anni passati a stilare studi sulla fattibilità del progetto, il 29 gennaio del 2001 fu sottoscritto, da Giuliano Amato e Jacques Chirac, il primo accordo per la realizzazione dell’opera e i due governi si impegnavano ad ultimare i lavori delle parti in comune. Nel primo articolo dell’accordo, cosa di cui si discute tutt’oggi, i due governi si impegnavano a costruire le opere necessarie alla realizzazione di un nuovo collegamento ferroviario misto merci—viaggiatori, la cui entrata in vigore “dovrebbe aver luogo alla data di saturazione delle opere esistenti”: veniva quindi subordinata esplicitamente l’attivazione della nuova linea alla saturazione di quella vecchia, cosa che, di fatto, non è ancora del tutto avvenuta.

La bozza del progetto - Nel 2003 l’azienda creata ad hoc per la realizzazione dell’opera, la Ltf, pubblica la bozza dei progetti preliminari che prevedono un tunnel geognostico a Venaus, in provincia di Torino, cosa che suscita notevole preoccupazione nella comunità locale vista la natura amiantifera dei sedimenti rocciosi locali.

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In 30.000 contro il cantiere - L’effetto è quello di rafforzare ulteriormente il movimento dei ‘No Tav’, che l’8 dicembre 2005 organizza una manifestazione di oltre 30 mila persone le quali irrompono nel cantiere di Venaus smantellandolo. Il governo Berlusconi è quindi costretto a dichiarare sospesi i lavori.

Un osservatorio per placare le polemiche - Nel 2006 il governo Prodi istituisce un osservatorio tecnico al fine di placare le polemiche e iniziare un tavolo di confronto. L’obiettivo dell’Osservatorio è quello di accompagnare “l’intero percorso di definizione, condivisione e realizzazione degli interventi di adeguamento della linea” e, pur non essendo un organo deliberativo ha tra i suoi compiti quello di indicare le linee di indirizzo per la realizzazione dell’opera.

Le critiche all'Osservatorio - In realtà l’Osservatorio è oggetto di forte critiche ed è ritenuto dai detrattori una ‘trappola’, più che un organismo di confronto, dal quale vengono escluse le amministrazioni locali non favorevoli al Tav. Tant’è che il movimento ‘No Tav’ continua con le manifestazioni di protesta tra cui quella organizzata in occasione del passaggio della fiaccola olimpica di Torino che fu costretta a deviare il suo percorso al fine di evitare il boicottaggio. Inoltre, sempre ai ‘No Tav’ sono attribuiti altri atti di sabotaggio quali il posizionamento di bottiglie incendiarie piazzate sui binari della tratta ferroviaria di Firenze, Bologna, sulla linea del Brennero e sulla Roma-Napoli.

Il cantiere riapre all'insegna delle novità - Il 27 giugno 2011, con un atto d’imperio le forze dell’ordine prendono possesso dell’area su cui insistono i lavori, riaprendo il cantiere e il 30 gennaio 2012 viene firmato dai governi di Italia e Francia un progetto definitivo diviso in 28 articoli che definiscono le modalità degli appalti, la ripartizione dei costi, il diritto applicabile e le misure di accompagnamento. Una delle novità più rilevante consiste nello spostamento del tracciato dalla riva destra della Dora con rinuncia ai tunnel di Bussoleno e del Musinè: la nuova realizzazione infatti prevede una lunga tratta di 65 km tra Susa e Saint Jean de Maurienne, la maggior parte dei quali ricavati nel tunnel del Moncenisio. L’altra novità di sicuro rilievo è contenuta nell’articolo 4 che stabilisce che “le opere saranno realizzate in diverse fasi funzionali”: si inizia così a parlare di “fasaggio”, termine poi entrato nel gergo comune, ad intendere che la linea ferroviaria Torino-Lione non verrà costruita come un unicum ma in 4 tappe: la prima prevede la realizzazione del tunnel del Moncenisio e il potenziamento della linea storica Bussoleno e Avigliana. Le altre tappe non hanno ancora una programmazione definita.

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Le novità non piacciono ai NO TAV, assalto al cantiere - La novità del cambio di percorso non viene però interpretato come segno di distensione dai manifestanti ‘No Tav’ e nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2015 alcuni attivisti prendono d’assalto il cantiere di Chiomonte in Val di Susa e nell’agguato viene ferito un poliziotto che perde l’udito in seguito agli scontri. Nel giugno del 2018 il tribunale di Torino ha condannato, per tale fatto, 6 attivisti a 3 anni e 6 mesi di carcere e ad un risarcimento di 5 mila euro. Il 24 febbraio 2016 l’accordo viene integrato da un protocollo addizionale che perfeziona il regolamento dei contratti con l’impegno di adottare le regole antimafia applicabili anche nei cantieri francesi. Il nuovo promotore pubblico Telt, subentrato a Ltf, può così predisporre i capitolati e bandire, nella seconda metà del 2017, le gare di appalto. Secondo la Tele, dalla ripresa dei lavori, sono stati scavati un totale di 25 km tra Italia e Francia, pari al 15% dell’intera opera alla quale lavorano 800 persone divise in 530 cantieri. La tappa preliminare, detta ‘Tappa 0’, è già stata conclusa e ha previsto, in Francia, la gronda merci Cfal di Lione mentre in Italia sono stati realizzati il potenziamento tecnologico della tratta Avigliana e il nodo di Torino e la quadruplicazione dei servizi tra le stazioni Torino Porta Susa e Torino Stura. Tra i cantieri ancora in corso tra Francia e Italia risulta ancora in costruzione il tunnel geognostico di Saint Martin La Porte.


Capitolo 2

Un'opera strategica o del tutto inutile?


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Come si è visto, la storia del Tav è costellata da contestazioni, manifestazioni e atti vandalici volti a sabotare un progetto inviso ai suoi detrattori ‘No Tav’. Di contro una vasta fetta dell’opinione pubblica e politica ha fin da subito sostenuto la realizzazione della nuova linea ferroviaria intesa come un progetto moderno e ambizioso al passo con i nuovi standard europei.

I sostenitori - Entrambi hanno le loro motivazioni a sostegno della propria posizione: per i sostenitori del Tav, infatti, si tratta di un’opera strategica destinata a dimezzare i tempi di percorrenza dei passeggeri e a raddoppiare i quantitativi di merce trasportata con treni lunghi fino a 750 metri, con 6.000 camion in meno all’anno sulle strade. Sarebbe inoltre sostenibile sia dal punto di vista energetico, con una riduzione annuale di gas serra pari ad una città di 300.000 abitanti, sia dal punto di vista ambientale dato che il progetto complessivo si sviluppa per la gran parte in galleria: degli 81 km in territorio italiano solo 10 km sono infatti fuori galleria. Il Tav sarebbe quindi una infrastruttura destinata a favorire il mercato unico grazie proprio all’alta velocità e a delle più snelle operazioni transfrontaliere.

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I NO TAV sul piede di guerra - Per il movimento ‘No Tav’, che da oltre vent’anni si batte contro la realizzazione del progetto della linea Torino-Lione, le motivazioni addotte a sostegno dello stesso sono pretenziose e prive di fondamento. Le principali ragioni poste a sostegno della bocciatura al progetto sono, prima di tutto, che si tratterebbe di un’opera inutile non giustificata da ragionevoli previsioni del flusso persone e merci. In pratica sarebbero tantissimi i soldi spesi per una linea ferroviaria che, allo stato dei fatti, sarebbe inutile. Ad unire l’Italia e la Francia c’è già l’autostrada del Frejus, la A32, e su rotaie la tratta ferroviaria Torino-Modane che è stata ammodernata nel dicembre 2010.

Si parla quindi di due infrastrutture di ampie capacità più che sufficienti, da sole, a soddisfare le reali esigenze di trasporto di persone e merci: per Lione il traffico passeggeri ha toccato punte così basse da aver giustificato, nel 2004, la soppressione dei treni, mentre la quantità di merci in transito sui valichi alpini è in costante calo.

Secondo i ‘No Tav’ le previsioni di aumento del traffico merci si riduce ad una mera speranza in considerazione del fatto che dalla metà degli anni Duemila si registra una diminuzione quasi costante dello stesso. La nuova linea ferroviaria, quindi, non sarebbe in grado di ripagare l’investimento m neppure di sostenere gli oneri di esercizio, in quanto presenterebbe introiti molto minori dei necessari costi di gestione e manutenzione.

Parimenti importanti, per il movimento contrario al Tav sarebbe il discorso ambientale volto alla tutela del patrimonio ambientalistico della Val di Susa che vedrebbe la totale perdita delle sue zone pianeggianti mentre tunnel ed interramenti andrebbero ad intaccare il delicato equilibrio ideo-geologico con danni irreversibili per l’ambiente.

 


Capitolo 3

Serve davvero una linea Torino-Lione?


Ciò che appare principalmente in contestazione, quindi, è la realistica necessità di una nuova linea ferroviaria che unisca Torino a Lione, e non del fatto che le linee ad alta velocità rappresentino miglioramento dei trasporti su rotaia.

L'alta velocità in Europa - D’altra parte, in Europa, il progetto di linee ferroviarie ad alta velocità è decollato già quarant’anni fa, dopo la crisi petrolifera del 1974, quando la dipendenza al petrolio minava la mobilità interna: diversi Stati membri decisero quindi di sviluppare un modo di trasporto veloce ed ecologico, rivolgendosi appunto all’alta velocità. L’Italia è stata il primo paese europeo ad inaugurare la linea ferroviaria ad alta velocità Firenze-Roma aperta nel 1977, seguita poi dalla Francia con le linee ‘Trains à Grande Vitesse’, dalla Germania e dalla Spagna negli anni ’90.

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Madrid-Barcellona, la più lunga - Attualmente non esiste un’unica rete ferroviaria europea ad alta velocità ma ci sono diversi modelli operativi: quello francese, esclusivamente per passeggeri, impostato su nuove linee con velocità massima di 300 km/h e relazioni non-stop tra le aree metropolitane, quello tedesco, misto per merci e passeggeri, che serve anche le città intermedie con un sistema di treni cadenzati con velocità diversificate, quello spagnolo, anch’esso a sistema misto, con la tratta Madrid-Barcellona che si qualifica come la più lunga d’Europa con i suoi 804 km di rotaie. Il numero di passeggeri che utilizzano la linea ferroviaria ad alta velocità in Europa è in costante aumento: da circa i 15 miliardi di passeggeri per chilometro nel 1990 ai 124 miliardi nel 2016. E’ anche vero però che, a causa della odierna crisi mondiale, il progetto di Tav rischia di arenarsi: il Portogallo, per esempio, impegnato nella riduzione del suo debito pubblico ha, per ora, rinunciato al progetto ed analogo discorso per l’Ucraina che si è sfilata dal progetto mentre in Spagna dilaga il dissenso popolare al Tav per via delle disastrose condizioni economiche e di rinnovate difficoltà tecniche alla sua realizzazione quale l’inamovibilità di opere quali la Sagrada Familla che si trova lungo il percorso. La Slovenia ha rinunciato al progetto avendo preferito concentrarsi sul raddoppio ferroviario Capodistria-Divacca mentre in Francia, secondo quanto riportato da Le Figaro, il ministro del bilancio ha annunciato la mancanza di fondi per il proseguimento “di alcuni progetti” tra cui la Torino-Lione proprio a causa del costo elevato e del calo dei traffici merci.

KeystoneChiara Appendino

Per l'Italia una spada di Damocle - Ed ora in Italia per l’ennesima volta il progetto del Tav ha subito una nuova battuta d’arresto, forse definitiva, a seguito della pubblicazione dell’analisi costi-benefici commissionata dal governo Lega-Movimento 5 stelle.

Da sempre i due partiti politici sono divisi sull’argomento e mentre la Lega è favorevole alla prosecuzione e al completamento dei lavori, i pentastellati sono da sempre contrari alla realizzazione del progetto.

Già nell’ottobre del 2018 il Consiglio comunale torinese guidato dalla sindaca Chiara Appendino, aveva approvato una mozione del Movimento 5 stelle per chiedere al governo di fermare i lavori al quale si era opposto fermamente il presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino il quale è schierato con coloro che sono favorevoli al Tav avendo dichiarato che, in caso di bocciatura a seguito dell’analisi costi-benefici, avrebbe invocato un referendum in merito.

 

 

 

KeystoneIl ministro dei trasporti Danilo Toninelli assieme a Luigi Di Maio, ministro dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, nonché Vicepresidente del Consiglio dei ministri

12 miliardi, troppi - L’analisi, commissionata dal ministro dei trasporti Danilo Toninelli ad una squadra di tecnici guidata dall’economista Marco Ponti, è stata consegnata ai vice premier Matteo Salvini e Luigi di Maio, e resa pubblica, il 12 febbraio ed è da allora che l’argomento Tav è nuovamente balzato agli onori della cronaca. Questo perché il dossier consegnato ai rappresentanti di Governo non lascia spazio ai dubbi: di fatto si riduce ad una bocciatura su tutta la linea. Bisogna ricordare che il Tav, allo stato attuale dei fatti, si concretizza nel solo tunnel di base tra le stazioni di Bussoleno e Saint Jean de Maurienne: si parla di 9,6 miliardi di euro, di cui 3 miliardi a carico dell’Italia a cui vanno aggiunti gli 1,7 miliardi del collegamento italiano al tunnel per un totale di poco meno di 12 miliardi. La principale critica al progetto su cui si fonda l’analisi costi- benefici è che, per l’appunto, questi ultimi sarebbero molto ridotti rispetto ai costi elevatissimi che sarebbe necessario affrontare per ultimare l’opera.


Capitolo 4

Due scenari 


L’economista Marco Ponti, e i colleghi della commissione, hanno ipotizzato due scenari: il primo che si basa sulle stime di traffico di passeggeri e merci che, dal 2011, sono state stilate dall’Osservatorio sul Tav, mentre il secondo è stato ipotizzato servendosi di dati ritenuti più realistici rispetto a quelli forniti da Palazzo Chigi.

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Il primo scenario - Nel primo scenario il traffico merci, che di fatto è inferiore a quello di 20 anni fa, si moltiplicherebbe di 25 volte, passando da 2,7 milioni di tonnellate annue del 2017 ai 51,8 del 2059, mentre i passeggeri passerebbero da 0,7 a 4,6 milioni su tratte internazionali e da 4,1 a 8 milioni su tratta regionale. Secondo quanto sostenuto fino ad ora dal Governo, questo cambio di marcia si avrebbe proprio grazie al Tav capace di convogliare il traffico su strada, e su aereo, su rotaia. Secondo l’analisi di Ponti, tale risultato è falsato dal fatto di partire da premesse assolutamente utopiche quali il tasso di crescita dei flussi del 2,5% annuo, che la nuova linea ferroviaria acquisisca un flusso pari al 18% di quanto attualmente transita via Svizzera, tramite il Sempione e il Gottardo, al 30% dei flussi stradali sul confine di Ventimiglia, al 55% di quelli del traforo del Frejus e al 40% di quelli del Monte Bianco. Con riferimento poi ai costi, escludendo gli 1,4 miliardi già spesi in studi, progetti e scavi geognostici. L’attuale valore netto economico dell’opera risulta negativo per 7.805 milioni di euro.

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Il secondo scenario - Il secondo scenario vuole rendere le stime più aderenti alla realtà: il tasso di crescita si riduce all’1,5% annuo e che la domanda generata per il segmento a lunga percorrenza sia pari al 50% di quella esistente, invece del 218% mentre quella dei passeggeri regionali l 25%, invece del 50%. Alla luce di questi dati il valore netto economico sarebbe negativo per 6.995 milioni considerando i costi per i lavori necessari a finire l’opera e 7.949 milioni di euro qualora si faccia riferimento al valore intero. I sostenitori del Tav contestano a Ponti di considerare tra i costi il mancato gettito fiscale dello Stato dato che le merci, spostandosi su rotaia, comporterebbero meno pedaggi pagati ai concessionari autostradali e quindi minori tasse pagate. La risposta a tali critiche è che tale modalità di calcolo sia ormai una prassi consolidata a livello internazionale, adottata dallo stesso Osservatorio per il Tav.

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Benefici ambientali insignificanti - Nell’analisi costi-benefici inoltre i benefici ambientali appaiono insignificanti: si parla, a livello ottimistico, di 7-800 mila tonnellate annue di CO2 in meno mentre il solo traffico di Roma ne genera 4,5 milioni. Di fatto non più dello 0,5% sul totale nazionale dei trasporti. Il tutto appare poi in chiave totalmente negativa se si pensa che sembra mancare l’aspetto fondante della nuova linea ferroviaria e cioè una vera domanda di traffico: nel tunnel del Frejus, da sempre citato dai sostenitori del Tav come necessitante di essere decongestionato, passano 2.154 mezzi pesanti al giorno. Una cifra ridicola se paragonata agli 80 mila che transitano sulla tangenziale di Torino. Secondo Ponti “La riduzione dei costi di trasporto generata dal Tav, così come ipotizzata dall’Osservatorio, non è sufficiente a spostare rilevantissime quantità di domanda da gomma a ferro” mentre il ministro Danilo Toninelli ha commentato i dati forniti dichiarando che “I numeri dell’analisi economica e trasportistica sono estremamente negativi, direi impietosi: stiamo parlando di costi che, su un trentennio di esercizio dell’opera, superano i benefici di quasi 8 miliardi, tenendo conto del solo esborso per il completamento” e conferma che “La decisione finale, come è naturale, spetta ora al Governo stesso nella sua collegialità”.


Capitolo 5

Spunta un contro dossier


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All’analisi costi-benefici di Marco Ponti si oppone un contro dossier a firma del professor Pierluigi Coppola il quale ha deciso di non partecipare alla commissione governativa né di firmare l’analisi di Ponti. Tale contro dossier ribalterebbe i risultati del dossier del ministro dei Trasporti sulla base di 400 milioni di euro di vantaggi economici che arriverebbero anche a 500 milioni nel caso in cui l’Unione Europea decidesse di aumentare la quota del finanziamento dal 40% al 50%. Secondo Coppola, l’idea di mettere in relazione i costi dell’opera con il minor gettito fiscale per lo Stato, legato alle accise sulla benzina e i mancati pedaggi autostradali, non rispetterebbe le linee guida del ministero per la valutazione degli investimenti pubblici né appare coerente con le linee guida della Commissione europea. Venuto in possesso del contro dossier il ministro Toninelli si è affrettato a chiarire che “L’analisi costi-benefici ufficiale è una sola ed è quella che è stata fatta dal team del professor Ponti di cui il bravissimo ingegnere Coppola non faceva parte. Il professor Coppola fa parte della struttura tecnica di missione insieme ad altre 14 persone e ha dato un contributo di tre pagine che non può essere paragonato all’unica analisi costi-benefici”.

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La spaccatura del governo italiano - Di fatto si assiste ad una spaccatura del governo e se i pentastellati, forti del dossier, sono pronti a dare il definitivo stop all’esecuzione del Tav, la Lega, per voce del vice premier Salvini, si dichiara “non convinta dall’analisi di Ponti. Più veloci viaggiano le persone e le merci e meglio è”, mentre il presidente dell’Unione europea Antonio Tajani ha ribadito quanto già detto da Silvio Berlusconi: “L’analisi costi-benefici sul Tav è uno studio che io definisco farlocco in quanto ha una visione molto limitata. E’ come se la Torino-Lione non fosse parte di una grande strategia di un disegno per sviluppare trasporti ma fosse una linea ferroviaria locale. Manca veramente una visione complessiva”.

La posizione dell'Europa - Ad attaccare l’analisi di Marco Ponti non è solo il professor Coppola e la Lega, ma la stessa Unione europea, tramite la commissaria Violeta Bulc, per la quale l’analisi governativa “Non era necessaria, la precedente analisi era stata considerata sufficiente per finanziare l’opera” e la Commissione europea vuole “chiarimenti” per conoscere le intenzione dell’Italia sul progetto Tav.

Due scenari diversi - In base alle decisioni prese del Governo italiano infatti si apriranno due scenari diversi: nel primo si andrà avanti con l’opera ma si dovrà scrivere nuovamente il ‘Grant agreement’, l’accordo di finanziamento sottoscritto nel 2015, mentre nel secondo scenario il progetto verrà archiviato definitivamente aprendo il confronto sulle penali da pagare, i finanziamenti da restituire e le ulteriori conseguenze non propriamente di natura economica contenuta nel finanziamento.

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L'Italia corre un pericolo  - Il peggior pericolo che corre l’Italia, infatti, in quest’ultimo caso è di essere esclusa per 5 anni da tutti i programmi finanziati con i fondi Ue. A pagina 45 del ‘Grant agreement’ si legge che “in caso di seria violazione degli obblighi derivanti dal contratto potrebbero scattare sanzioni amministrative che consistono nell’esclusione da tutti i contratti e accordi di sovvenzione finanziati dal bilancio dell’Unione per un massimo di 5 anni dalla data di accertamento della violazione”. Un ulteriore e gravosissimo costo che andrebbe ad aggiungersi a quelli già valutati nell’analisi costi-benefici di Palazzo Chigi rendendo, se possibile, ancora più spinosa la decisione da prendere in merito al Tav.

A questo punto il vicepremier Di Maio commissiona uno studio per sondare l’umore del popolo Cinquestelle sulla questione Tav. Con grande sorpresa si scopre che tra i suoi elettori il 70% è per l’Alta Velocità e dice basta alle analisi costi-benefici, ai vertici inconcludenti, alle mozioni parlamentari, e ai rinvii. Il popolo di Cinque stelle di sì al Tav. Sull’argomento della Torino-Lione torna anche il ministro dell’Interno e vice-premier Matteo Salvini. "Piena fiducia in Conte sulla Tav. Sono certo che troveremo una soluzione insieme. È un'opera importante, per noi va fatta come chiedono cittadini e imprese", afferma.

A proposito della Tav non è mancata l'osservazione del presidente francese Emmanuel Macron. "Sono stati fatti molti lavori, molte analisi, è una cosa molto importante per le regioni transfrontaliere, è stata la scelta dei nostri predecessori e noi l'abbiamo confermata", ha detto. Per Macron "la tecnologia permette di conciliare la modernità con l'ecologia. So che ci sono molte sensibilità, ma credo che le risolveremo attraverso consultazioni e concertazione".

Dopo giornate di scontri politici in Italia sul futuro della TAV e dopo dibattiti accesi su tutti i fronti tanto da arrivare a pensare che l’Italia potesse arrivare a bloccare l’opera, arriva la decisione del Consiglio di Amministrazione di Telt che decide all’unanimità di procedere con la pubblicazione dei bandi di gara per la realizzazione sulla parte francese dei lavori principali del tunnel Torino-Lione, articolati in tre lotti perun valore complessivo di 2,3 miliardi di euro. L’Italia, però, si è riservata il diritto entro sei mesi di ritirarsi dall’opera senza pagare penali.

Roma ha comunque ottenuto qualcosa di rilevante. Telt si é impegnata a chiedere un nuovo esplicito via libera ai due Governi interessati, quello italiano e quello francese. In sostanza, Roma ha centrato il suo obiettivo primario: ovvero che la decisione finale sui lavori della Torino Lione venga rimandata a dopo le elezioni europee. Cinque Stelle e Lega su quest’opera hanno idee opposte, sembra impossibile una mediazione oggi e l’unica via era quella di rimandare.


Appendice 1

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