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TUNISIAOtto anni fa esplodevano le "Primavere arabe"

17.12.18 - 07:25
Il 17 dicembre 2010 Mohamed Bouazizi si diede fuoco per protesta innescando la Rivoluzione dei gelsomini. Le speranze di molti giovani restano però tuttora disattese
Keystone
Otto anni fa esplodevano le "Primavere arabe"
Il 17 dicembre 2010 Mohamed Bouazizi si diede fuoco per protesta innescando la Rivoluzione dei gelsomini. Le speranze di molti giovani restano però tuttora disattese

TUNISI - La Tunisia celebra oggi l'ottavo anniversario di quella rivoluzione che avrebbe ispirato anche in altri paesi le cosiddette 'Primavere arabe'.

Il 17 dicembre 2010 infatti il venditore ambulante Mohamed Bouazizi si diede fuoco per protesta, facendo divampare con il suo gesto la rivolta in tutto il paese, con una sommossa popolare di dimensioni così ampie che costrinse alla fuga un mese dopo l'allora presidente Ben Ali. Il successo della 'rivoluzione dei gelsomini' contagiò poi gli altri paesi arabi.

KeystoneIl giovane Mohamed Bouazizi in ospedale, visitato dall'allora presidente Zine El-Abidine Ben Ali (pochi giorni prima della sua fuga all'estero)

Ma a otto anni esatti da quei convulsi giorni rimangono ancora disattese molte delle speranze dei giovani tunisini per un avvenire migliore, in particolare per quel che riguarda l'occupazione e la dignità nelle regioni più povere. Proprio da questo malessere, mai sopito, e dall'accresciuta distanza tra mondo politico e gente della strada traggono spunto le rivendicazioni di sindacati e partiti di sinistra per migliori condizioni di vita e dei vari movimenti di protesta che stanno nascendo in Tunisia in questi giorni, primo tra tutti quello dei cosiddetti "gilet rossi" che hanno annunciato a partire dalla giornata odierna una serie di manifestazioni pacifiche in varie regioni del Paese.

Il movimento dapprima solo virtuale, pacifico e aperto a tutti, che rivendica per i giovani «dignità e diritto ad una vita degna» denunciando la visione sfuocata dell'attuale classe politica e il divario esistente tra essa e il popolo tunisino, si è presentato ufficialmente lo scorso fine settimana a Tunisi in conferenza stampa dichiarando di «voler salvare il paese» e ispirarsi chiaramente ai "gilet gialli" francesi.

«L'iniziativa avanza fondamentalmente richieste economiche e sociali. È tesa a rappresentare i poveri e gli emarginati», ha detto il suo fondatore, Riyad Jarad, negando ogni affiliazione o appoggio politico. Tra le 22 richieste elencate figurano lo sviluppo economico, maggiori opportunità di lavoro, migliore istruzione pubblica e servizi medici, nonché migliori standard di vita e un aumento del salario minimo obbligatorio (Smig).

I "gilet rossi" ritengono tutti i partiti politici del paese, compresi quelli di opposizione al governo, responsabili per il deterioramento della situazione economica della Tunisia. Il movimento, oltre ad aver innescato nella società tunisina un dibattito condito di accuse e contro accuse su chi possa nascondersi dietro le loro azioni, spesso basate su illazioni su eventuali interessi politici alle spalle del movimento, impensieriscono a tal punto le autorità che venerdì scorso hanno sequestrato a Sfax, oltre 50.000 "gilet rossi" che seppur importati legalmente sarebbero, secondo la polizia, destinati ad essere distribuiti in occasione delle proteste popolari previste per il prossimo gennaio, mese notoriamente caldo dal punto di vista sociale in Tunisia.

Secondo molti analisti i gilet rossi tunisini però non incarnerebbero né lo spirito né la realtà dei gilet gialli francesi, ma cercherebbero soltanto di alimentare il caos stabilito da alcuni servendo calcoli puramente politici e dimenticando lo slogan spesso ascoltato da queste parti, «la nazione prima dei partiti». A questo concetto fa spesso riferimento anche il segretario generale del partito laico Machrou Tounes, Mohsen Marzouk, che ieri ha dichiarato che «la situazione nel paese è critica e richiede che i partiti al governo adottino le misure necessarie per uscire dall'attuale crisi e proteggere il processo di transizione democratica dando la precedenza all'interesse supremo del Paese».

Pur ribadendo che il diritto dei tunisini di scendere in strada è riconosciuto dalla Costituzione, Marzouk ha affermato che vanno trovate al più presto soluzioni alla difficile situazione in cui si trova la Tunisia e parlando dei gilet rossi, ha detto trattarsi di un regolamento di conti tra partiti politici che non ha nulla a che fare con il movimento dei gilet gialli francesi. Con la consueta ironia che caratterizza i tunisini, da alcuni giorni sui social network è possibile imbattersi in un altra campagna lanciata, per ora solo virtualmente, dai cd. "gilet blues" in contrapposizione ai gilet rossi.

«Indossate piuttosto dei gilet blu, blu di lavoro, e mettetevi al lavoro se volete salvare la Tunisia» si legge nei messaggi di questa nuova campagna che chiama i tunisini innanzitutto a lavorare, poiché per loro il lavoro è la sola maniera di superare la crisi.

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COMMENTI
 

seo56 5 anni fa su tio
Cambiamento..... 0
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