Gli allevatori negano le accuse e chiedono di poter raddoppiare la produzione, che frutta cifre record
EDINBURGO - Gli allevamenti dei salmoni in Scozia sono sotto la lente delle organizzazioni ambientaliste: l'accusa è di aver anteposto i profitti al benessere degli animali, permettendo il diffondersi di parassiti e malattie, con un tasso di mortalità troppo alto.
La richiesta, riferisce il Guardian, è di poter sospendere temporaneamente la creazione di nuovi allevamenti, fin quando non verranno stabiliti criteri di controllo più stringenti. La rivendicazione è condivisa dai Verdi scozzesi e anche la commissione agricola del Parlamento scozzese sta per pronunciarsi.
L'agenzia scozzese per la protezione dell'ambiente (Sepa) è al lavoro su un documento che verrà pubblicato a breve. Stando ai suoi riscontri il rispetto delle regole vigenti riguardanti qualità dell'acqua, uso di sostanze chimiche, inquinamento e rifiuti è sceso di alcuni punti percentuali negli ultimi tempi. «La conformità con le leggi ambientali non è negoziabile» ha dichiarato il responsabile del Sepa John Kenny. I nuovi regolamenti terranno conto dei progressi tecnologici e di nuovi metodi per monitorare l'ambiente, l'ubicazione sostenibile degli allevanti e l'uso dei medicinali.
L'industria nega le accuse e per contro vuole raddoppiare la produzione fino a 400mila tonnellate nel 2030. L'export in tutto il mondo ha fruttato lo scorso anno 600 milioni di sterline. Gli allevatori sono stanchi delle critiche e affermano di essere costretti a operare con il regime di regolamentazione più severo dell'intera industria alimentare. Gli errori del passato sono stati superati, spiega Ian Roberts, portavoce della compagnia di proprietà norvegese Marine Harvest: «Se vogliamo nutrire una popolazione che chiede sempre più cibo sano, gli allevamenti dovranno restare. Vogliamo regolamenti che garantiscano la nostra attività e la gestiscano correttamente, perché vogliamo esserci anche in futuro».