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FRANCIA«Controllati perché di colore»: tre liceali francesi fanno causa allo Stato

22.10.18 - 19:00
L'accusa: discriminazione. Tornavano da una gita: «Lo facciamo per i nostri futuri figli». Il procuratore chiede l'archiviazione
Keystone
Foto generica d'archivio
Foto generica d'archivio
«Controllati perché di colore»: tre liceali francesi fanno causa allo Stato
L'accusa: discriminazione. Tornavano da una gita: «Lo facciamo per i nostri futuri figli». Il procuratore chiede l'archiviazione

PARIGI - È iniziato a Parigi il processo che vede tre ex liceali di origine africana accusare il Ministero dell’interno e lo Stato francese di discriminazione razziale. Di ritorno da una gita scolastica, sono stati gli unici della loro classe a essere fermati e identificati e ritengono di essere stati scelti solo in virtù del colore della loro pelle.

I fatti risalgono al 1° marzo del 2017 quando, intorno alle 19.50, Mamadou C., Ilyas H. e Zakaria H. sono stati bloccati da tre agenti alla Gare du Nord a Parigi mentre tornavano da una gita in Belgio insieme ad altri quattordici loro compagni di classe, un accompagnatore e la loro insegnante di un istituto di Épinay-sur-Seine. «Hanno controllato i due neri e l’arabo», dice sicuro all’Afp Mamadou, 20 anni, che spiega come lui e i suoi due amici si siano sentiti «umiliati» vedendosi fermare così davanti al resto della classe.

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«Se non facciamo niente queste cose non avranno mai fine: i miei fratelli più piccoli, i miei figli e nipoti vivranno la stessa situazione», aggiunge, spiegando perché abbiano deciso di fare causa allo Stato. A sostenere i tre alunni controllati c’è la loro ormai ex docente, Élise Boscherel. La donna era subito intervenuta nel controllo accusando gli agenti di razzismo: «Perché loro? Non c’era una giustificazione», commenta. Anche le testimonianze dei compagni di classe di Mamadou, Ilyas e Zakaria riferiscono di un controllo dai modi bruschi e poco rispettosi.

Il rapporto di polizia citato da Le Monde traccia invece un quadro diverso. Gli agenti non si sarebbero infatti accorti che i tre facevano parte di una comitiva perché camminavano a lato della stessa. Due di loro, poi, portavano «grandi zaini» sulle spalle, che li avrebbero resi sospetti: «Controllo persone di tutte le origine etniche», ha assicurato uno dei poliziotti. A far degenerare la situazione sarebbe stato piuttosto «il tono aggressivo» della professoressa, ha assicurato.

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Nella prima udienza tenutasi oggi, il procuratore del tribunale di prima istanza di Parigi ha chiesto l'archiviazione del caso, riferisce France Info. Ha detto di comprendere che i tre giovani possano essersi sentiti «ingiustamente controllati», ma ha assicurato che il controllo di polizia è avvenuto in un quadro di legalità.

L'avvocato dei tre accusatori, Slim Ben Achour, intende dal canto suo fare leva su una sentenza della Corte di cassazione del 2016, in cui per la prima volta lo Stato è stato condannato per «colpa grave» a causa di controlli d’identità giudicati discriminatori. «Ci si poteva ragionevolmente aspettare che, dopo una simile condanna, lo Stato facesse qualcosa, ma non è stato fatto nulla», denuncia il legale.

Sul caso si è recentemente espresso anche il Difensore dei diritti che, in una decisione del 18 ottobre scorso, ha detto di dubitare della «legittimità dei criteri che hanno portato al controllo», le cui motivazioni «reali» sarebbero state proprio «l’origine, l’età e il sesso» delle persone controllate. L’autorità amministrativa indipendente ha altresì ricordato come degli studi pubblicati nel 2017 dimostrino che i giovani uomini «percepiti come neri o arabi» abbiano «una probabilità 20 volte maggiore di essere controllati rispetto agli altri».

La sentenza è attesa per il 17 dicembre prossimo.

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