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ITALIAMagma sotto l'Appennino, «nuova causa di terremoti di forte magnitudo»

09.01.18 - 15:32
La scoperta è dell'Istituto nazionale italiano di Geofisica e Vulcanologia e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell'Università di Perugia
Keystone
Magma sotto l'Appennino, «nuova causa di terremoti di forte magnitudo»
La scoperta è dell'Istituto nazionale italiano di Geofisica e Vulcanologia e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell'Università di Perugia

ROMA - Una sorgente di magma sta risalendo sotto la crosta terrestre in corrispondenza dell'Appennino meridionale, nell'area del Sannio-Matese. Non si ritiene che possa arrivare in superficie formando un vulcano, ma è un fenomeno che d'ora in poi dovrà essere controllato costantemente perché il movimento del magma potrebbe dare origine a terremoti, anche forti.

È quanto emerge della ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances e condotta dall'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dal Dipartimento di Fisica e Geologia dell'Università di Perugia.

Nel mantello, ossia nella zona che si trova sotto la crosta terrestre, «avvengono processi di fusione che producono magma. Questo risale verso la superficie, fermandosi a una profondità compresa fra 15 e 25 chilometri", ha detto all'ANSA Guido Ventura, dell'Ingv, coordinatore della ricerca con Francesca Di Luccio, dello stesso istituto. La sorgente di magma "provoca la fuoriuscita di CO2 di origine profonda e può provocare terremoti», ha aggiunto Ventura.

«È la prima volta che un fenomeno del genere viene osservato in una catena montuosa», ha detto Di Luccio. Intrusioni di magma, ha rilevato la ricercatrice, «sono state finora osservate solo in aree vulcaniche, ma nulla del genere è stato mai osservato in una zona di catene montuose». Quella del Sannio-Matese potrebbe essere quindi la prima osservazione al mondo di questo tipo.

L'indizio che ha portato a scoprire il fenomeno è stata la sequenza sismica avvenuta fra le province di Caserta e Benevento tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014. Quei terremoti, i più forti dei quali erano di magnitudo 5, erano più profondi rispetto agli altri registrati nella stessa area: erano infatti avvenuti a una profondità compresa fra 10 e 25 chilometri, contro la profondità media di 10-15 chilometri dei sismi registrati nel Sannio-Matese. Un altro campanello d'allarme è stata la forma d'onda di quei terremoti, caratteristica dei sismi che avvengono in aree vulcaniche.

Sulla base di questi dati sono stati elaborati modelli che hanno permesso di ricostruire il comportamento delle intrusioni di magma e del modo in cui queste possono causare terremoti. «Questo risultato - ha osservato Ventura - apre nuove strade all'identificazione delle zone di risalita del magma nelle catene montuose e mette in evidenza come tali intrusioni possano generare terremoti con magnitudo significativa».
 
 

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