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ITALIABronzi di Riace, 45 anni di ipotesi

16.08.17 - 11:47
Keystone / EPA
Bronzi di Riace, 45 anni di ipotesi

REGGIO CALABRIA - Quarantacinque anni di ipotesi e ricerche. Un mistero che non ha smesso di affascinare studiosi, esperti, visitatori di ogni parte del mondo: sono i Bronzi di Riace, simbolo identitario di Reggio Calabria e del Museo Archeologico Nazionale italiano (MArcRC), diretto da Carmelo Malacrino, scoperti la mattina del 16 agosto 1972.

Fu il sub Stefano Mariottini ad avvistare le due statue a 300 metri dalla costa di Riace e ad 8 di profondità. Il sub contattò il soprintendente dell'epoca, Giuseppe Foti, per le operazioni di recupero che avvennero il 21 agosto. Il primo a riemergere fu il "Bronzo B" poi il "Bronzo A", successivamente rinominate "il vecchio" e il "giovane". Alte rispettivamente 1,98 e 1,97 metri, dagli originari 400 kg, oggi il peso è ridotto a circa 160 kg, in virtù della rimozione della terra di fusione operata dagli esperti.

Realizzate attorno alla metà V secolo a.C., con una differenza di circa un trentennio l'una dall'altra, le due statue, ricorda in una nota il Museo archeologico, presentano stilemi dorici, tipici del Peloponneso o dell'occidente greco. Ciò che resta incerta è la loro identificazione: divinità o guerrieri o forse ancora gli sfortunati figli del re Laio, Eteocle e Polinice, del noto ciclo tebano.

Dal loro ritrovamento è rimasto il mistero sull'imbarcazione che le trasportava, il cui relitto non è stato mai trovato. Mistero che resta su altri reperti significativi. Questioni che hanno alimentato ed alimentano tuttora teorie che lasciano aperti molti spazi interpretativi sulla loro storia.

Dopo un primo intervento conservativo effettuato dalla Soprintendenza di Reggio Calabria, i Bronzi furono trasferiti a Firenze dove, tra il 1975 e il 1980, subirono una lunga operazione di restauro a cura dell'Opificio delle Pietre Dure con due obiettivi: la pulizia e la conservazione delle patine esterne e il tentativo di svuotamento della terra di fusione dall'interno delle statue. Gli esami su questo materiale, condotti a Roma all'Istituto centrale italiano del restauro, ne confermarono la provenienza dalla Grecia, più precisamente dal Peloponneso.

Gli interventi continuarono nel laboratorio del Museo di Reggio dal 1992 al 1995. Con la chiusura del Museo per i lavori di ristrutturazione, nel 2008, le statue furono trasferite in un laboratorio appositamente allestito nella sede del Consiglio regionale, dove sono stati ospitati dal 2010 al 2013.

La prima esposizione al pubblico fu fatta dal 15 dicembre del 1980 al 24 giugno del 1981 al Museo archeologico di Firenze. Per volere del Presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini, le due statue vennero poi esposte al Quirinale, dal 29 giugno al 12 luglio del 1981. Riportati Reggio e disposti su un primo sistema di protezione antisismico, dopo i tre anni di sosta a Palazzo Campanella, i Bronzi, con un suggestivo trasferimento notturno, rientrarono al Museo e qui sono collocati su basi di sicurezza targate Enea, protettive anche contro terremoti di forte intensità.

Oggi i Bronzi di Riace sono ospitati, in una sala dedicata, nel livello D dell'esposizione permanente del MArRC, restituito alla città nella sua completezza il 30 aprile del 2016.

«Sono - commenta Malacrino - due opere straordinarie, divenute oggi il simbolo del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria e di tutto il territorio. Si pongono tra i pochissimi capolavori superstiti della grande statuaria greca in bronzo del V secolo a.C. Ma il Museo non è solo "Bronzi", è molto di più: è la storia antica di un'intera regione, la Calabria, protagonista della magnifica storia della Magna Grecia e oggi realtà in continua crescita in tema di beni culturali e paesaggistici. Per questo, il MArRC è rimasto aperto anche il 15 agosto, in accordo con il piano di valorizzazione del Ministro italiano Franceschini e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo».

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