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STATI UNITI«Un giorno senza immigrati, ecco come sarebbe l'America»

17.02.17 - 21:49
Cuochi, carpentieri, negozianti, camerieri, addetti alle pulizie, residenti e clandestini: tutti uniti nella protesta contro il giro di vite deciso dal presidente Donald Trump
«Un giorno senza immigrati, ecco come sarebbe l'America»
Cuochi, carpentieri, negozianti, camerieri, addetti alle pulizie, residenti e clandestini: tutti uniti nella protesta contro il giro di vite deciso dal presidente Donald Trump

NEW YORK - Cuochi, carpentieri, negozianti, camerieri, addetti alle pulizie, residenti e clandestini: come sarebbe l'America senza immigrati? E' questo il senso dell'iniziativa andata in scena per protestare contro il giro di vite deciso dal presidente Usa Donald Trump.

Mentre alla Casa Bianca il tycoon annunciava che presenterà, entro la prossima settimana, un nuovo decreto per «proteggere i confini del Paese», in tante città Usa è stata organizzata una giornata di sciopero, un'iniziativa diffusa con il tam tam sui social media, che chiedeva agli immigrati di «non andare al lavoro e a scuola», per dimostrare l'importanza che rivestono nella società e nell'economia "a stelle e strisce".

E così, tante persone da Washington a Philadelphia, da New York ad Austin, fino a San Francisco, hanno incrociato le braccia, tenendo chiusi centinaia di esercizi commerciali e ristoranti, e al loro 'boicottaggio' si sono uniti anche diversi proprietari, in segno di solidarietà ai propri impiegati.

Gran parte dei lavoratori nell'area ristorazione del Pentagono ad Arlington, in Virginia, ha per esempio deciso di aderire alla protesta, obbligando diversi locali, tra cui Sbarro, Burger King, Starbucks e Taco Bell, a rimanere con le serrande abbassate.

A Washington ha partecipato all'iniziativa il celebre chef José Andrés, lo stesso che nel 2015 ha fatto parlare di sé dopo aver mandato a monte la trattativa per aprire un ristorante all'interno del nuovo Trump International Hotel nella capitale, a causa delle dichiarazioni dell'allora candidato repubblicano contro i messicani.

«E' un modo per dire che amiamo questo Paese», ha spiegato Andrés, che ieri ha deciso di chiudere cinque ristoranti (dove i lavoratori immigrati, in gran parte ispanici, costituiscono il 65% del suo personale) con una perdita stimata di circa 100 mila dollari di entrate.

Nella Grande Mela il progetto ha raccolto l'appoggio, tra gli altri, di Eric e Bruce Bromberg, proprietari dei ristoranti Blue Ribbon. «Con il massimo rispetto e comprensione per i nostri dipendenti, amici e familiari, la maggior parte dei ristoranti Blue Ribbon a New York (Blue Ribbon Brasserie, Brooklyn, Sushi, Sushi Bar & Grill, Sushi Izakaya, Hi-Bar, e Downing Street Bar) rimarrà chiusa in sostegno dei nostri lavoratori», è scritto sul sito, con l'hashtag #ADayWithoutImmigrants.

Ma ad aderire, a New York e non solo, sono stati anche idraulici, operai del settore delle costruzioni e falegnami, così come i proprietari stranieri di tanti piccoli negozi. A Midwood, Brooklyn, per esempio sono rimasti chiusi la maggior parte dei negozi di proprietà di immigrati pachistani.

E in diverse città, a partire dalla capitale Washington, passando per Austin, in Texas, e Detroit, in Michigan, sono state anche organizzate manifestazioni e marce di protesta contro le politiche sull'immigrazione del presidente Trump.

Singolare anche l'iniziativa del Davis Museum del Wellesley College, in Massachusetts, dove è stata messa in scena l'iniziativa di protesta "Art-less": tutte le opere «create da un immigrato», come recita un'etichetta, sono state rimosse o coperte con telo nero per evidenziare l'impatto degli immigrati anche nel mondo dell'arte. Protesta che durerà fino al President's Day di lunedì prossimo.

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