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Dal MondoLECCO: Tangenti per nuovo ospedale, sentenza entro fine anno

10.11.01 - 16:19
Si conclude a Milano il processo d’appello per le bustarelle a D.C e P.S.I. legate all’appalto di Germanedo. Una serie di eccezioni hanno impedito di emetterla già questo pomeriggio
LECCO: Tangenti per nuovo ospedale, sentenza entro fine anno
Si conclude a Milano il processo d’appello per le bustarelle a D.C e P.S.I. legate all’appalto di Germanedo. Una serie di eccezioni hanno impedito di emetterla già questo pomeriggio
LECCO –Sentenza entro fine anno al processo d’appello nei confronti dei vertici locali e regionali di Democrazia Cristiana e Partito Socialista per le presunte tangenti pagate per la realizzazione dell’ospedale "Alessandro Manzoni" di Lecco. I Giudici della Seconda sezione della Corte d’Appello di Milano, oggi pomeriggio, al termine di una lunga Camera di Consiglio per vagliare una serie di eccezioni sollevate dalle difese, hanno aggiornato il dibattimento che dovrebbe terminare entro la fine dell’anno. La sentenza è particolarmente attesa dopo che il Pubblico Ministero ha sollecitato 5 anni di carcere per l’ex parlamentare socialista Pierluigi Polverari.L’inchiesta sulle tangenti pagate a D.c. e P.s.i. lecchesi e regionali quale "ringraziamento" per l’appalto del nuovo ospedale di Germanedo esplose il 12 agosto ’92 con l’invio dei primi avvisi di garanzia al Senatore democristiano Cesare Golfari (deceduto qualche tempo dopo, colto da malore mentre era alla guida dell'utilitaria della figliaq andando a finire contro un palo semaforico a Castello di Lecco) e all’Onorevole socialista Pierluigi Polverari. La notizia fece correre un vero e proprio brivido nei palazzi della politica locale nonostante fosse un pomeriggio di gran caldo estivo e fu confermata attorno alle 14.45. Furono i Militari a raggiungere i due parlamentari e a consegnare loro l’avviso di inizio indagine relativo al pagamento di tangenti per la costruzione di Germanedo: si trattava della prima indagine che giungeva a colpire da vicino il Lecchese dopo i mesi della Tangentopoli milanese messa a nudo dall’allora P.M. Antonio Di Pietro. Di lì a poche settimane il vero colpo di scena di tutta la vicenda: l’allora Segretario Amministrativo della Dc lecchese e Presidente del Casinò di Campione d'Italia, Giampiero Omati, si presentò spontaneamente a Palazzo di Giustizia di Milano consegnando ai Magistrati il numero identificativo del conto corrente di una banca con sede a Busto Arsizio su cui erano stati versati i 500 milioni consegnati al livello locale della Dc dalla Cogefar-Impresit subito dopo l’aggiudicazione dell’appalto per la costruzione di quello che già allora veniva identificato come il gioiello della sanità lecchese e che in realtà sarebbe stato inaugurato soltanto quasi dieci anni dopo. Quello rimane ancora oggi l’unico episodio del genere nonostante la lunga storia di Mani Pulite. Uscendo dal colloquio con il Magistrato Gherardo Colombo, Giampiero Omati si dimise immediatamente anche dalla propria carica all’interno del partito che aveva allora la sede nella centrale via Mascari. Si disse che il denaro dovesse servire per finanziare la nuova sede della "Balena Bianca": da allora, l’ex responsabile del Comitato Regionale di Controllo di Lecco è sempre stato assente dal panorama politico locale intervenendo con rare interviste, comunque mai incentrate sul tema di Tangentopoli. Ben diverso l’atteggiamento dei due parlamentari. Golfari, pochi giorni prima di essere raggiunto dall’avviso di garanzia, nel corso di una trasmissione televisiva, aveva attaccato con forza il sistema delle tangenti che andava delineandosi con le prime inchieste del pool Mani Pulite di Milano, ma non volle rilasciare dichiarazioni nell’immediatezza dell’apertura dell’inchiesta sull’ospedale limitandosi in seguito a respingere la ricostruzione dei fatti così come proposta dal Sostituto Gherardo Colombo. Lo stesso Golfari, successivamente coinvolto nell’inchiesta sulle presunte tangenti versate per l’area Sae di Lecco, ebbe parole dure pure per la stampa. Contattato dal quotidiano Il Giorno nel suo ufficio di Roma ribadì la propria estraneità al giro di bustarelle protestando con forza la propria innocenza. “Non ho nulla a che fare – disse – con il gioco delle aree edificabili in centro città”. Per la Sae lo indagava la Procura di Busto Arsizio con atti acquisiti in città attraverso il lavoro dell’allora Capitano dei carabinieri Mauro Masic. Pierluigi Polverari, appena rieletto con grande consenso popolare quale deputato della città, attaccò subito e dalla località di villeggiatura dove era stato raggiunto dall’avviso il 12 agosto ebbe a dire di essere completamente estraneo alla vicenda. E aggiunse: “Confido in una soluzione rapida di questa vicenda”. In realtà sono passati quasi 10 anni e ancora manca l’eventuale pronunciamento della Corte di Cassazione. Una linea difensiva, quella dell’ex deputato del Partito Socialista, che ha contraddistinto Polverari in tutti questi anni sino all’assoluzione letta al termine del processo di primo grado svoltosi a Milano la scorsa primavera. “Un’assoluzione – disse in una conferenza stampa organizzata a Lecco cui partecipò anche Bobo Craxi – che certo non mi ripaga delle tante amarezze di questi anni. Ho sofferto io, ha sofferto di più la mia famiglia: siamo stati additati come ladri. Però oggi posso dire con diritto che la Giustizia ha sancito la mia completa estraneità alle accuse che furono mosse nei miei confronti per quella vicenda”. E il figlio del leader socialista non risparmiò parole dure nei confronti della Magistratura inquirente: “Per fortuna – aggiunse – esiste quella giudicante” ricordando gli episodi e le inchieste legate a suo padre. Polverari era già forte di un’altra assoluzione legata alle presunte tangenti sull’area Caleotto e al centro di uno storico processo avvenuto davanti ai Giudici del Tribunale di Lecco. Lo scontro, in quel caso, fu con la versione diametralmente opposta fornita dal costruttore Antonio Colombo, a sua volta uscito pienamente assolto da quel dibattimento. La sentenza di generale assoluzione al termine del dibattimento di primo grado per le tangenti sull’ospedale confermò comunque quanto già si sapeva ed era emerso anche nel corso di un’indagine chiesta alla Regione Lombardia dall’esponente della Lega Nord Stefano Galli. L’appalto per la realizzazione del nosocomio di Germanedo fu regolare anche se fu la prescrizione a cancellare il reato di finanziamento illecito ai partiti. La stessa accusa infatti sostenne che i soldi furono consegnati a Dc e Psi come ringraziamento dalle imprese vincitrici. Quella era la prassi: gara regolare, bustarella da parte del vincitore. Una “prassi” che i Magistrati del pool Mani Pulite scoprirono essere una sorta di regola non scritta del mondo delle Tangenti, e certo non solo nella città del Manzoni. Fu anche un’assoluzione morale che da più parti fu estesa pure agli imprenditori che uscirono con il patteggiamento dalla vicenda giudiziaria (tra loro proprio il costruttore lecchese Antonio Colombo che fu pure arrestato e trattenuto 24 ore a Milano dove ebbe modo di rilasciare ampie dichiarazioni al Pubblico Ministero di Lecco Enrico Consolandi in seguito protagonista di indagini sul mondo dell’urbanistica contrattata). Le reazioni più dure giunsero lo scorso anno subito dopo la lettura della sentenza di generale assoluzione da quel settore politico che fu spazzato via dall’inchiesta, dunque l’asse politico Dc-Psi che fra gli anni ’80 e i primi ’90 governava saldamente in città con la giunta retta dal Sindaco Giulio Boscagli espressione piena dell’intesa politica fra i due partiti di governo anche a Roma. Proprio Polverari, da Tunisi, annunciò di voler portare un garofano sulla tomba di Bettino Craxi e poi ribadì: “Non dimentico. Non posso dimenticare chi è stato travolto come me da questo scandalo artificioso e ora non c’è più. Torno a Lecco e mi mostrerò a testa alta”. Per Cesare Golfari, morto pochi mesi dopo l’apertura dell’inchiesta sull’ospedale e di quella che pure lo riguardava legata all’area Sae, parlò lo scorso anno il Segretario regionale lombardo del P.p.i., Domenico Galbiati: “Purtroppo Golfari non c’è più e forse la morte non l’avrebbe portato via così presto se non avesse dovuto subire il dolore di accuse e sospetti che sono tanto più angoscianti proprio per chi, come lui, sapeva di essere in pace con la sua coscienza. Chi l’ha conosciuto bene non aveva bisogno di questa sentenza. Restano i grandi traguardi raggiunti in questi anni, anche se qualcuno ha finto di dimenticare che sono stati resi possibili soprattutto grazie alla sua azione”. Soddisfatto si disse anche Antonio Rusconi, allora Segretario provinciale del P.p.i. e Sindaco a Valmadrera: “Si è fatta chiarezza, anche se in ritardo ed ora anche altri dovranno riconoscere il ruolo di Golfari nelle conquiste della nostra città come da noi fatto già da tempo”. Nessun commento da Omati, in perfetta consonanza con i tanti silenzi di questi anni, mentre il Pubblico Ministero annunciò appello dopo aver sollecitato per Polverari 27 mesi di carcere. Il magistrato di Mani Pulite dovette incassare lo scorso anno anche le assoluzioni per l’ex Segretario amministrativo della Dc Severino Citaristi e l’ex segretario regionale della Democrazia Cristiana Gianstefano Frigerio. Un'ultima nota: Golfari fu anche Presidente della Regione Lombardia ma venne travolto da un'altro scandalo: quello legato alla tessera 1062 della Loggia P2".

di Bob Decker



Si ringrazia: Franco Ghezzi

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