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Dal MondoCOMO: I siluri di Romano Dolce.

13.03.01 - 07:33
E la Procura di Como ora trema
COMO: I siluri di Romano Dolce.
E la Procura di Como ora trema
BRESCIA.

I siluri di Romano Dolce: quelli sparati ieri pomeriggio nell’Aula di Tribunale a Brescia dove sta avviandosi (si fa per dire visto che, alla faccia di chi aveva promesso, stampa parlando, una sentenza già entro la fine di febbraio, questa non arriverà prima dell’estate) a conclusione il maxi processo contro l’ex P.M. lariano, l’ex commercialista Franco Fraquelli, l’ex collaboratore di Dolce Antonio Erdas e il presunto 007 dei Servizi Segreti (di certo grande faccendiere per conto di taluni potentati italiani ed esteri). Siluri che prima di essere lanciati sono stati imbevuti, potremmo dire, di uranio impoverito. Quell’uranio impoverito su cui lo stesso Romano Dolce aveva iniziato ad indagare almeno una decina di anni prima che scoppiasse lo scandalo della cosiddetta “Sindrome dei Balcani”, scandalo di cui molti oggi (anche a Como e dintorni) si arrogano il vanto di averlo sollevato. Ma dove erano questi “signori” quando proprio al confine fra Italia e Svizzera venne sequestrata una grossa quantità di uranio impoverito, si sono chieste a più riprese le rappresentanze difensive? I siluri di Romano Dolce dal pomeriggio di ieri fanno tremare più di una “cadrega” al Palagiustizia di Como, in particolare al quinto piano. Come, d’altronde, non essere così dopo che l’arringa difensiva dell’ex Magistrato (rappresentato in Aula dai suoi legali di fiducia Roberto Rallo e Manuel Sarno) ha tirato in ballo diverse Toghe Inquirenti e Giudicanti, a partire dall’allora Capo della Procura cittadina, Mario Del Franco, deceduto, ormai da qualche anno? Secondo la linea difensiva proprio Del Franco in combutta con il suo vice Giuseppe Ciraolo (pure deceduto) e del Sostituto Daniela Meliota, trasferita proprio in quegli anni bui che hanno caratterizzato il “Palazzaccio” di Largo Spallino e rientrata alla base da qualche anno, avrebbero ordito la tremenda macchinazione per estrometterlo. Per “castralo professionalmente” come ribadito dai difensori di Dolce che rischia 4 anni e mezzo di condanna. Le allusioni, mica tanto velate, fatte nel pomeriggio di ieri a Brescia sono soltanto una piccola dose dei veleni che l’ex Magistrato è pronto a riversare. Al confronto delle molte altre cose che vorrebbe tirar fuori, sono solo inezie quelle di ieri, come una inezia, sempre al confronto con il “resto” è la faccenda delle false residenze a Carate Urio: in questo caso, lo si ricorderà, finirono sotto inchiesta anche il Sindaco del paese in carica a quei tempi e un funzionario dell’Ufficio Anagrafe: “Dolce con la sua inchiesta sulle false residenze aveva commesso semplicemente lesa maestà nei confronti di Mario Del Franco” hanno detto Rallo e Manuel. Secondo la linea difensiva Romano Dolce aveva scoperto un giro di favoritismi che si concentravano nella concessione di una fittizia residenza in un appartamento che agli occhi di chi andò a perquisirlo su disposizione di Romano Dolce apparve un tugurio: almeno una decina le residenze che figuravano in quel “appartamento”, fra cui quella ad Aldo Anghessa (lui rischia dieci anni di galera) che, in realtà, viveva (quando non era in giro per il mondo) a Brunate. Ma perché Dolce avrebbe “pestato i piedi a del Franco con questa indagine? Perché l’allora Procuratore Capo stava anche lui, inconcludentemente, indagando. C’è poi la famosa storia dei 4 comaschi arrestati a Mosca con i dollari falsi: “Perché - si sono chiesti Rallo e Sarno - quell’inchiesta non è mai approdata in Italia se è vero che il denaro sarebbe partito dalle sponde lariane?” Ma c’è di più e di peggio e, forse, la difesa, lo stesso Romano Dolce non hanno voluto calcare più di tanto la mano eludendo, ad esempio, di citare talune frequentazioni di taluni magistrati sulla scena all’epoca. Frequentazioni molto particolari con personaggi finiti anche al centro di grossi scandali (ad esempio logge massoniche e Banco Ambrosiano). Hanno eluso di raccontare al Collegio Giudicante il perché e il per come un certo Roberto Calvi era praticamente di casa da un certo grosso personaggio della Procura di Como: solo perché quest’ultimo aveva “acceso” un conto corrente all’istituto di credito guidato da Calvi? Delle frequentazioni fra i due se ne trova traccia anche in documenti della Commissione parlamentare sulla P2, ad esempio. Le ha raccontate anche la vedova Calvi. Molti siluri all'uranio impoverito e riarricchito, dunque, potremmo dire. Ora non ci resta che attendere la prossima udienza che si terrà fra un mesetto.


di Bob DEcker

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