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LUGANOUn affascinante viaggio di parole attraverso le “Città fantasma”

30.05.19 - 21:42
Il pubblico di Poestate si è lasciato condurre dal West a Milano, nel mondo poetico di Franco Buffoni e nei luoghi - materiali e immateriali - di Prisca Agustoni e Azzurra D’Agostino
Tio.ch / 20minuti Fabio Caironi
Si è tenuta a Lugano la prima serata del Festival Poestate.
Si è tenuta a Lugano la prima serata del Festival Poestate.
Un affascinante viaggio di parole attraverso le “Città fantasma”
Il pubblico di Poestate si è lasciato condurre dal West a Milano, nel mondo poetico di Franco Buffoni e nei luoghi - materiali e immateriali - di Prisca Agustoni e Azzurra D’Agostino

LUGANO - Ha preso il via questo pomeriggio, puntualissima alle 18, l’edizione 2019 di Poestate. Dopo la breve introduzione della direttrice artistica Armida Demarta la parola è passata subito a Sandra Sain, responsabile di questa “spedizione al confine tra prosa e poesia” organizzata in collaborazione con Rsi Rete Due.

Le guide - A guidare gli spettatori in questo viaggio sono stati dapprima Andrea Fazioli e Yari Bernasconi. “Città fantasma” è un titolo che accomuna il lavoro del narratore e del poeta (una plaquette del secondo e un capitolo di un libro del primo). «Stasera siamo qui, ma siamo anche altrove» ha esordito Fazioli, sintetizzando il sovrapporsi di mondi diversi legato al mondo della letteratura e che porta nella “città fantasma” che dà il titolo alla serata. L’intervento della coppia Fazioli-Bernasconi è proceduto a due voci, in un rimbalzare d’interventi tra poesia e prosa: due mondi che appaiono differenti ma che - sentire per credere - non sono poi così distanti. La spedizione si è addentrata in mondi immaginari e reali, in vere “realtà fantasma” che «cerchiamo di escludere eppure ci sono, lo sappiamo bene» ha sottolineato Fazioli.

Il pubblico, che ha riempito il patio di Palazzo Civico approfittando anche di una serata meteorologicamente piacevole, si è lasciato guidare tra pagine di grandi e piccola letteratura - tutte comunque sapientemente cucite insieme - in un cammino che si è snodato tra le polverose “ghost town” del Far West («non città fantasma, ma città silenti» sosteneva un grande esperto di quel mondo), con le loro avventure e disavventure, come la polvere che tutto soffocò di “Furore” di John Steinbeck. Poi un grande salto ed ecco Sarajevo, ma «la città fantasma è qualcosa d’irrisolto», che se dovesse essere trasposto in musica scivolerebbe fino a una settima diminuita. Le città fantasma lasciano delle tracce dentro di noi, hanno insistito Bernasconi e Fazioli: restano nel lavoro finale di un grande poeta come Mario Luzi, nelle “Città invisibili”, uno dei capolavori di Italo Calvino, nei “Canti di un luogo abbandonato” di Azzurra D’Agostino, nella “Terra desolata” di T.S. Eliot e nei lavori di molti, molti altri. Anche Milano può essere almeno in parte, insegna Franco Loi, una città fantasma.

Le due guide sono giunte poi in un terreno che conoscono benissimo: il proprio lavoro. Le poesie di Bernasconi, la prosa romanzesca di Fazioli. Poi un balzo su Marte con Ray Bradbury - perché le città fantasma possono anche essere fuori dalla Terra, perché no. Infine anche Lugano è diventata una città fantasma proiettata in avanti nel tempo: tutto si è dissolto e disfatto fatta salva la platea di Poestate, “protetta” in quella bolla temporale che è il mondo della musica e della letteratura. La chitarra di Stefano Moccetti è stata più che un accompagnamento: ha disegnato paesaggi sonori, creando sensazioni ed emozioni che hanno arricchito le parole dei due narratori. Note che hanno quasi costruito la geografia di queste città fantasma, permettendo di vederle da un’altra angolazione (non più ricca, ma differente) rispetto a quella delle parole.

Buffoni - Poi è stato Franco Buffoni a guidare il viaggiatore all’uscita dalla Città fantasma. Il poeta italiano ha letto estratti da alcune delle sue opere, prima legate al tema della serata (Roma e dintorni, lo skyline di città) e poi si è inoltrato (incalzato da Fazioli e Bernasconi) nel proprio universo poetico. Lombardo che vive a Roma, Buffoni ha parlato dei luoghi della Città eterna che sono la sua vita, della consapevolezza che rende l’essere umano quello che è, dell’esordio tardivo («Ho bruciato tutte le poesie che ho scritto tra i 18 e i 27 anni, tranne una che è a Pavia ed è inedita»), dell’ispirazione («La poesia arriva quando vuole lei, solitamente alle 6 del mattino. Così ho imparato a scrivere al buio, perché non posso aspettare che ritorni alle 9...») e di molto altro. Buffoni si è poi soffermato su ciò che rende tale il poeta: la tecnica, certo, ma «occorre che ci sia un bambino perché il poeta rimanga bambino, ma che ha passato qualche decennio nelle biblioteche».

Il pubblico di Poestate ha potuto godere un ampio estratto dell’opera letteraria dell’autore classe 1948, tramite varie chiavi di lettura. Una è l’omosessualità vissuta serenamente e manifestata all’esterno solo negli ultimi decenni («Io sono rimasto lo stesso, è la società che è cambiata»). Un’altra è la memoria, la vita messa alle spalle e distillata in alcune opere in particolare (“Come un polittico che si apre”, ma anche “Il profilo del Rosa”). Quindi l’interesse verso i giovani autori, con una serie di quaderni che hanno potuto portare alla ribalta una serie di valenti poeti emergenti e una profezia su chi sarà il grande nome di questo secolo, italiano ma probabilmente erede di una tradizione straniera. «Potrebbe essere figlio di qualcuno che ha tentato di lavarci il vetro al semaforo». Poi ci sono ovviamente le poesie di Buffoni, che hanno trasportato l’uditorio nel mondo letterario di un autore potente e al contempo raffinato, arguto e dalla cultura smisurata - così come la sua ironia. Al termine del suo intervento Buffoni è stato insignito del Premio Poestate, che Demarta consegna ogni anno ad alcuni degli ospiti più prestigiosi e rappresentativi della rassegna.

Agustoni e D'Agostino - Nella terza parte della serata è stato analizzato il nocciolo simbolico ed emotivo della Città fantasma: lo si è fatto insieme a Prisca Agustoni e Azzurra D’Agostino. Il tema dell’abitare, la geografia (non solo quella fisica) sono solo alcuni degli argomenti trattati dalle due poetesse, guidate - come Buffoni prima di loro - da Fazioli e Bernasconi. Le città fantasma di D’Agostino sono sull’Appennino emiliano: piccoli luoghi immersi nel tempo, nello svanire delle cose. «Perché una casa inabitata diventi rudere bastano 40 anni», spiega. Agustoni, invece, spazia fino al Brasile, dove abita per buona parte dell’anno e il vivere in terre differenti ha lasciato tracce nel suo immaginario poetico e, ovviamente, nei suoi versi. Un processo creativo che si fonda anche sull’uso di più lingue: non solo l’italiano, quella materna, ma anche il francese.

Entrambe si sono addentrate nel perché i luoghi abbandonati ci coinvolgono: l’indagine verso l’ignoto «e le cose che restano, l’assenza» secondo D’Agostino. Ma anche lo sguardo di una straniera verso una terra non propria per Augustoni, ma che lo diventa sempre più giorno dopo giorno, anno dopo anno. L’appartenenza che si costruisce attraverso il vivere una cultura estranea. Una città fantasma che diventa tale anche a causa di una catastrofe ambientale, ha rilevato Agustoni leggendo un testo inedito di straordinaria attualità. Ma ci sono anche le “autobiografie poetiche” del paesaggio, che D’Agostino elabora - nell’ambito di un esercizio fatto nel corso di un laboratorio - a partire da una lettera dedicata alla propria terra. Infine c’è la “città infinita” di Agustoni: industriale, anonima, fatta di asfalto e vetro, dove è impossibile trovare il verde. Città che crescono a vista d’occhio e che inghiottono tutto quello che le circonda e «scavano dentro di te».

Il percorso si è concluso dopo l’attraversamento delle varie città fantasma e il loro enigma, infine, non è stato svelato.

A venerdì - Sulle note di “Tomorrow” dei Cccp, sigla di questa prima edizione, si è conclusa poco prima delle 21 la prima serata. Poestate riprende venerdì 31 maggio con un programma ricchissimo, che culminerà nel primo grande dibattito pubblico sulla cultura in Ticino.

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