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ROMAL'Enfer di Danis Tanovic, dalla guerra di "No man's land" a quella di tutti i giorni

06.06.06 - 16:58
Foto d'archivio
L'Enfer di Danis Tanovic, dalla guerra di "No man's land" a quella di tutti i giorni

ROMA -  Tradimenti, mezze bugie, colpe destinate a ricadere sui figli. E' l'inferno privato di Danis Tanovic, quello che il regista bosniaco torna a raccontare, dopo la guerra balcanica del premio Oscar 'No Man's Land'. Il film, in sala dal prossimo 9 giugno, si intitola appunto 'L'enfer': dramma al  femminile, interpretato dalle attrici francesi Emmanuelle Beart,  Karin Viard e Marin Gillain, ricco di temi e dolorosi spunti sulla  contemporaneita', come voluto dall'ideatore del progetto Krzystof  Kieslowski.

Secondo capitolo della trilogia su Paradiso, Inferno e Purgatorio, concepita poco prima di morire dal regista del 'Decalogo'
per altrettanti giovani autori stranieri, il film muove dalla prospettiva disincantata di un'epoca senza Dio: ''La religione ha  ormai piu' a che fare con la politica che con la spiritualita' - dice  Tanovic -. Invidio tutti coloro che ancora riescono a credere, ma dopo la guerra nel mio rapporto con la fede si e' rotto qualcosa''. Da laico, Tanovic all'Inferno e
al Paradiso guarda quindi come a dimensioni interiori: ''Sono qui  sulla Terra - dice - e appartengono alla vita di tutti noi. La  distinzione tra l'uno e l'altro dipende da una soglia molto privata,  un 'punto di rottura', di cui non sempre siamo consapevoli. Tanta  gente vive in Paradiso, senza neanche saperlo. Il mio, da quando ho  vissuto l'orrore della guerra, e' anche soltanto quello di trascorrere le serate a giocare con mio figlio e mia moglie''.

Una prospettiva agli antipodi, rispetto a quella consegnata al  film dalla sceneggiatura di Kieslowski e Piesiewicz: sessanta pagine  appena, che Tanovic ha poi arricchito, senza pero' voler emulare il  maestro dei 'Tre colori'. ''Non soltanto lavoro in maniera del tutto  diversa, ma non mi ritengo assolutamente all'altezza. Per questo ho  provato a fare un film che fosse del tutto diverso, sia dai suoi, che  dai miei precedenti''. Il risultato e' un intreccio di storie al  femminile, imperniate sul destino di tre sorelle, condannate a pagare  le scelte materne, nella forma di tre esistenze disperate e prive di
riferimenti.
- In filigrana, a parte il  dichiarato accenno alla Medea di Euripide, emerge il ritratto di una  societa' allo sbando in cui non c'e' piu' posto per amore e  spiritualita' e le colpe dei genitori sono destinate a perpetrarsi,  ricadendo sui figli: ''La mia unica risposta - commenta Tanovic - e'  non fornire risposte. Mi limito a raccontare una storia, senza imporre
metafore e interpretazioni. Certo e' che al termine delle riprese, ho  avuto l'impressione che la trama si snodasse come una spirale: una  serie di cerchi concentrici, che procedessero ineluttabilmente verso  l'inferno del titolo''.

Del resto, come racconta, alla piccata reazione della critica  francese, indispettita per ''l'oltraggioso tentativo di misurarsi con  Kieslowski'', hanno fatto riscontro reazioni opposte: ''A conferma del fatto che si tratti di una storia universale e aperta come 'No Man's  Land' - racconta - il fatto che abbia suscitato reazioni opposte in  ciascun paese. Qualcuno e' addirittura arrivato ad accusarmi di  misoginia e omofobia nello stesso articolo''.

 

 

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