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LOCARNO - PARDO 2016«Che Guevara mi ha salvato la vita»

09.08.16 - 07:00
Parola del sociologo e politico svizzero Jean Ziegler, protagonista di un documentario fuori concorso accolto da lunghissimi applausi
«Che Guevara mi ha salvato la vita»
Parola del sociologo e politico svizzero Jean Ziegler, protagonista di un documentario fuori concorso accolto da lunghissimi applausi

LOCARNO - “Jean Ziegler, l’ottimismo della volontà”, un film di Nicolas Wadimoff presentato dal direttore del Festival Carlo Chatrian in una sala stracolma, che al termine di 96 minuti ha accolto con un’ovazione il protagonista. Si replica il 9 agosto alle 14 presso il Palavideo a Muralto.

Ma entriamo nel film che ci racconta la vita di uno svizzero davvero scomodo, agguerrito avversario delle banche, del capitalismo, del colonialismo. Autore di celeberrime pubblicazioni come “Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto” e “La Svizzera lava più bianco”, Jean Ziegler torna a Cuba con la moglie Erica per una ricognizione dei luoghi a lui cari e per diverse interviste.

Il suo sguardo è a tratti quello di un bambino, pieno di stupore e con quelle certezze ideologiche che non l’hanno mai abbandonato: a 82 anni resta fermo sulle proprie posizioni e nemmeno le contestazioni di Wadimoff che tentano di scuotere il suo ex professore di sociologia all’Uni di Ginevra con osservazioni critiche, lo smuovono di un millimetro.

A un giornalista attempato del giornale Juventud Rebelde, Ziegler spiega che il Che Guevara gli ha salvato la vita. Quando nel 1964 Ziegler gli fece d’autista a Ginevra, chiese di poterlo seguire per combattere contro l’imperialismo. Che Guevara lo invitò a restare nel proprio paese a combattere «il mostro capitalista» dall’interno. «Il Che mi ha salvato la vita perché se fossi partito magari sarei stato ucciso» e rivolgendosi dolcemente alla moglie Erica aggiunge: «Se fossi partito non ti avrei conosciuta e non avremmo avuto la nostra vita».

Il documentario, che segue accuratamente il percorso dell’eterno rivoluzionario che il vento della storia non lambisce, ci restituisce il ritratto di un uomo comunque generoso, che nella sua vita ha preso diversi rischi, come quello di mettersi addosso le potenti oligarchie del paese. Wadimoff non è tenero con lui: gli rinfaccia, per esempio, i suoi rapporti con Gheddafi e la mancanza di critica nell’analizzare il sistema politico cubano.

Ma Ziegler mostra di essere uomo di fede, avvolto nelle ideologie in cui crede fortemente e in cui si mescolano mitologie e riferimenti del passato. È solido Ziegler, è brillante e intelligente, la storia la conosce ma lui preferisce tirar dritto e continuare a credere nella rivoluzione. L’unico mezzo per rendere questo mondo migliore.

A Cuba visita alcune cooperative agricole, parla con la gente comune e chiede loro come mai in casa non hanno un poster di Fidel Castro o del Che. Entusiasta, sembra che la sua fede sia davvero incrollabile, nonostante le punzecchiature del suo ex allievo regista che costellano tutto il documentario.

È quasi commovente quando su un letto di ospedale a Cuba, accudito dalla moglie Erica – figura splendida, benché apparentemente in secondo piano durante tutto il documentario – si dice felice della trasfusione, nonostante la sua debolezza fisica: «Torno a casa con sangue cubano nelle vene».

Il documentario non poteva avere titolo più azzeccato. Un titolo, come spiega lo stesso Ziegler, che rimanda ad Antonio Gramsci che rese celebre il motto “Il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà”. Ziegler sprizza ottimismo da tutti i pori. E non arretra.

Non lo ha fatto quando era in politica, non lo ha fatto quando l’ex segretario generale dell’ONU Kofi Annan gli ha affidato il ruolo di relatore speciale sul diritto all'alimentazione per il Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni unite. E non lo fa oggi all’interno dell’ONU, dove continua a lottare per onorare la memoria di Che Guevara.

Non manca l’ironia graffiante, a Ziegler. E neppure la furbizia della vecchia volpe. Lo vediamo all’opera in una seduta del Consiglio dei diritti umani dell’ONU. Eloquente il passaggio sui “vulture funds”, ossia i cosiddetti fondi avvoltoio, specializzati nell'investire in società fallite. Il rischio, evidentemente, è altissimo, ma nel caso in cui il fondo riesce a risollevare la società e a pagare i suoi debiti, può realizzare enormi profitti.

Ziegler vuole conservare questo termine nella sua relazione, mentre altre nazioni arricciano il naso perché l’avvoltoio è brutto. Lui, tenace, non demorde: «Almeno gli avvoltoi, quelli in carne e ossa, sono utili perché ripuliscono la savana dalle carcasse. Ma i fondi avvoltoio sono il simbolo della voracità speculativa della finanza. Il testo non si cambia».

L’eterno cuore ribelle di Jean Ziegler ha sete di nuove sfide, vuole continuare a dar voce alle denunce contro le ingiustizie: «Ogni cinque secondi un bambino muore di fame. Vi sembra giustizia?»

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