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FESTIVAL DI BERLINOJafar Panahi, cadano i muri per cineasti

15.02.15 - 18:47
Il giorno dopo l'Orso d'oro per "Taxi", il regista rompe il silenzio
Jafar Panahi, cadano i muri per cineasti
Il giorno dopo l'Orso d'oro per "Taxi", il regista rompe il silenzio

BERLINO - "Se avessero presentato il mio film in Iran, come avevo proposto, lo avrei ritirato dal concorso a Berlino". Il giorno dopo l'Orso d'oro per "Taxi", Jafar Panahi rompe il silenzio e parla con l'agenzia di stampa italiana ANSA. E lo fa rispondendo a chi, come il direttore dell'ente per il cinema iraniano Hojjatollah Ayyubi, aveva accusato la Berlinale di aver introdotto la politica nel festival.

È stato piuttosto l'Iran a contaminare il cinema con la politica, sostiene il regista iraniano, alzando alti muri "a più strati" che ostacolano chi vuole fare film nel paese.

"Sento l'infausto suono dei passi della politica al Festival di Berlino", aveva scritto Ayyubi al direttore della Berlinale, aggiungendo che "l'autore di 'Taxi' continua a guidare lungo la corsia veloce della sua vita, godendo liberamente di tutte le sue fortune".

Ma Panahi, che effettivamente viene spesso visto in giro a Teheran anche in eventi pubblici, accusa proprio la politica iraniana di interferire nei festival, "dalla selezione dei film alle scelte della giuria". "Credono che accada così anche all'estero, ma non è vero". E ricorda di aver partecipato a "32 giurie nel mondo", evidenziando la levatura dei giurati a Berlino.

È in Iran che "per anni abbiamo sentito i passi della politica nell'arena dell'arte, e del cinema. "Quanti sono i film che non si sono mai visti in Iran? E perché non sono loro - chiede ancora Panahi, riferendosi ad Ayyubi e ai responsabili di tale situazione - a distruggere questi muri? Mettono un'etichetta politica sui film che non gradiscono e infilano la testa sotto la neve", aggiunge, con le parole iraniane per indicare chi fa lo struzzo.

Quanto alla Berlinale precisa che, subito dopo la lettera di Ayyubi, aveva subito comunicato agli organizzatori del festival per interposta persona che se "Taxi" fosse stato proiettato al Fajr Film Festival in corso proprio allora a Teheran, lo avrebbe ritirato dal concorso in Germania. Senza però avere risposta.

"Da chi sta al potere giunge sempre l'accusa di fare film per i festival stranieri - insiste Panahi - ma sono loro non ci permettono di mostrare i nostri film in Iran". E purtroppo, aggiunge, anche con il governo di Hassan Rohani poco è "sostanzialmente cambiato". "Sembrava che ci sarebbero state più aperture da parte del ministero della cultura", ma alla fine "sono solo parole per rendere felice la gente, non possono fare niente". Un'evidente allusione, la sua, al fatto che spesso le promesse del governo vengono disattese per la pressione dei conservatori.

Quanto a come abbia potuto fare il film girando come autista di un taxi per Teheran, "agivamo in modo veloce in modo che non potessero accorgersene - spiega - e non usavamo mai il telefono". Ma il divieto impostogli di non girare più film per 20 anni - come di non scrivere sceneggiature e viaggiare all'estero - è "illegale" perché si tratta - sostiene - di una pena accessoria da applicarsi solo dopo la pena di sei anni di carcere, confermatagli nel 2011 in appello per attività contro la sicurezza nazionale.

Ma non teme le possibili conseguenze delle sue azioni? "Sono libero su cauzione - risponde - ed è possibile che io finisca in carcere in ogni momento. Anche dopo questa intervista". "Pensavano che avrei lasciato il paese ma io sono rimasto. Cos'altro dovrei fare, mettermi in un angolo e ammalarmi perché non posso più girare film? Non penso alle conseguenze di quanto faccio - conclude - piuttosto preferirei pensare al mio prossimo film".

ats ans

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