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Innovazione & energiaEstraiamo decisamente troppo carbone dal sottosuolo

26.11.21 - 10:00
Proteggere il clima estraendo meno risorse.
Foto: Stockbild Pixabay
Per raggiungere gli obiettivi climatici entro il 2050, l’estrazione di carbone deve diminuire drasticamente.
Per raggiungere gli obiettivi climatici entro il 2050, l’estrazione di carbone deve diminuire drasticamente.
Estraiamo decisamente troppo carbone dal sottosuolo
Proteggere il clima estraendo meno risorse.
Un nuovo studio mostra quanto dovrebbe diminuire il consumo di petrolio, gas e carbone per ridurre le temperature globali di 1,5°C. Conclusione: la diminuzione dovrà essere molto più importante di quanto pensavamo finora.

Gli obiettivi dell’Accordo sul clima di Parigi sono chiari: il riscaldamento della superficie terrestre dovrà essere limitato ad un massimo di 1,5°C. Se non vogliamo che resti solamente un bel sogno, solo una piccola parte del carbone, petrolio e gas naturale immagazzinati nel suolo potrà ancora essere utilizzata. Questa è la conclusione a cui sono giunti i ricercatori britannici sulla rivista specializzata «Nature».

Per lo studio, i ricercatori hanno calcolato quale percentuale delle riserve disponibili attualmente dovrebbe restare sottoterra perché sia possibile raggiungere gli obiettivi climatici entro il 2050. Le cifre sono impressionanti: il 58 per cento del petrolio, il 59 per cento del gas naturale e quasi il 90 per cento del carbone dovrebbero restare inutilizzati.

E anche in questo modo, la possibilità di riuscire a limitare il riscaldamento climatico a 1,5°C entro il 2050 è solo del 50 per cento. Molti fattori di incertezza, come un possibile effetto di reazione, non sono considerati nel calcolo.

Nuovi sviluppi e nuovi dati

La situazione di partenza è chiara: bruciare carbone, petrolio e gas genera CO2. Nonostante tutti gli sforzi, i combustibili fossili dominano ancora i sistemi energetici di tutto il mondo. L’81 per cento del fabbisogno mondiale di energia è tuttora coperto con combustibili fossili.

Il consumo di questi vettori energetici deve diminuire drasticamente se vogliamo limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Per raggiungere questo obiettivo, fino al 2100 possiamo emettere al massimo altre 580 miliardi di tonnellate di CO2.

Questi valori sono ora stati utilizzati per calcolare, con un modello di sistema energetico globale, quanti combustibili fossili ancora presenti nel suolo dovranno restare inutilizzati sottoterra. Il modello si basa sui dati di uno studio della rivista «Nature» del 2015 che sono stati rivisti e aggiornati.

Nel 2015, gli studiosi sono giunti alla conclusione che per raggiungere l’obiettivo il 35 per cento delle riserve di petrolio, il 50 per cento delle riserve di gas e più dell’80 per cento delle riserve di carbone avrebbero dovuto restare inutilizzate. Grazie ai nuovi dati e ai nuovi sviluppi, il nuovo team di ricerca ha potuto ricalcolare la situazione e rivedere le cifre decisamente verso l’alto.

Preoccupazioni economiche

In confronto ai risultati del 2015, è stato calcolato che un ulteriore 25 per cento delle riserve fossili dovrebbe restare sottoterra. Con differenze regionali: l’84 per cento del petrolio canadese dovrebbe restare nel sottosuolo poiché in Canada l’estrazione è particolarmente dispendiosa. Le riserve di petrolio e di gas naturale nell’Artico dovrebbero invece restare assolutamente intatte. In generale, secondo i calcoli, l’estrazione di petrolio e gas dovrebbe diminuire ogni anno del 3 per cento fino al 2050.

Gli esperti sono molto preoccupati per il fatto che nessuno dei Paesi interessati ha finora attuato questa svolta. Continuando a cercare di sfruttare le riserve di materie prime a scopo di lucro, si incapperà sicuramente in una recessione economica. L’abbandono dei vettori energetici fossili sarà una sfida particolarmente ardua per l’economia di quei Paesi che dipendono fortemente dall’estrazione del petrolio.

I ricercatori lanciano un avvertimento urgente: lo sviluppo di settori industriali che non si basano sul carbone e la svolta verso le energie alternative sono già oggi di particolare rilevanza per questi Paesi.

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