Scatta una campagna trasversale e apartitica che spinge il gentil sesso verso le elezioni di aprile. Ennesimo passo di una rivolta tutta al femminile. Parla la coordinatrice Marialuisa Parodi
BELLINZONA – Dapprima la manifestazione a Berna, per la parità salariale, in settembre. La ricorrenza del 50esimo anniversario del voto alle donne. L’annuncio dello sciopero del gentil sesso, previsto per il prossimo 14 giugno. Negli scorsi giorni è spuntata anche la lista “Più donne”, formazione politica tutta al femminile in corsa per le elezioni cantonali di aprile. Proprio in vista dell’appuntamento alle urne, scende in campo anche la Federazione delle Associazioni Femminili Ticino (FAFT) con “Io voto donna”. «Una campagna di sensibilizzazione apartitica e trasversale», precisa la coordinatrice Marialuisa Parodi.
Perché vi siete lanciate in questo progetto?
Tutto è partito a ottobre, sensibilizzando i partiti nel proporre candidate donne. Adesso inizia la seconda fase, con una serie di video simpatici promossi sui social (il primo vede protagonista “La Palmira”). Ora che ci sono tante donne in lista, circa un centinaio in più rispetto a quattro anni fa, ed è un record, votiamole. Il nostro obiettivo è quello di dare visibilità a queste candidate. Indipendentemente dal loro partito di provenienza.
Più visibilità? Perché le donne meriterebbero un trattamento diverso rispetto agli uomini?
Perché storicamente si sono spesso dedicate ad altro, non sono abituate a fare parte del mondo politico. Oggi spesso la donna è mamma e anche lavoratrice, ha dunque meno tempo. Vogliamo mettere una pezza a queste lacune.
Parliamo di politica federale: due nuove consigliere federali e una donna ticinese (Marina Carobbio) alla testa del Nazionale. Che ne pensa?
È positivo. Ed è una buona base da cui partire. C’è tanta sensibilità sul tema. E, parallelamente alla nostra, ci sono almeno altre due campagne importanti e analoghe nel resto della Svizzera.
Da mesi si parla di diritti delle donne, su vari piani. Non le pare che si stia creando un po’ di confusione?
D’altra parte sono tutte tappe che, in qualche modo, si uniscono.
L’impressione è che molti si rendano conto che ci sono dei problemi, ma non sanno come venirne a capo. E quindi regna lo status quo…
È vero. Ma questi sono percorsi lunghi. La politica deve rappresentare la popolazione. E non lo può fare adeguatamente se non c’è, al suo interno, gente capace di comprendere a fondo anche le problematiche al femminile, che di riflesso diventano quelle di tutta la società.
Ci fa qualche esempio?
Oggi in quasi tutte le famiglie sia l’uomo, sia la donna hanno la necessità di lavorare. Sovente, però, non ci sono strumenti di conciliabilità tali da potere fare queste scelte in maniera serena. Capita, ad esempio, che al lavoratore non venga concesso il part time. Tante volte sono le donne a doversi arrendere. Le donne oggi hanno un livello di formazione notevole. Possono dare tanto alla politica.