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LUGANO"L'assassino di Matteo? Ho pensato a un vicino, poi a Maier"

11.12.12 - 14:28
Parla il compagno di Diebold, oggi davanti alla Corte
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"L'assassino di Matteo? Ho pensato a un vicino, poi a Maier"
Parla il compagno di Diebold, oggi davanti alla Corte

LUGANO - A presentarsi in aula questa mattina è stato M.C., compagno di Matteo Diebold per undici anni. Una relazione che si è spezzata in un giorno di novembre di ormai due anni fa. Davanti alla corte l'uomo, dal fisico atletico, l'aspetto curato ed elegante, ha risposto alle domande del giudice, dell'avvocato di parte civile e della difesa di Hans Peter Maier, l'uomo che ha portato via la persona che amava da tanti anni.

M.C. e Matteo Diebold erano insieme da tanti anni. "Ci siamo conosciuti nel giugno del 1999 e la nostra relazione si era evoluta e consolidata lungo gli 11 anni in cui siamo stati insieme". M.C. racconta di una relazione d'amore, basata sul rispetto reciproco e proiettata in un orizzonte che si fermava ad una valle, la valle di Blenio o l'Engadina, dove i due volevano acquistare una casa, aprire un bed & breakfast in montagna per stare a contatto con la natura e vivere insieme.

 

Diebold, descritto dal suo compagno come una persona molto discreta, ligia al dovere, rispettoso delle regole e molto attaccato al suo lavoro, era anche una persona molto sensibile che aveva subito in modo traumatico il suo declassamento da responsabile marketing di UBS Ticino. Una situazione psicologica questa che, secondo il suo compagno, non lo avrebbe in nessun modo spinto a cercare quello che M.C. ha definito un "salto nel buio": lasciare il suo ragazzo, con il quale era praticamente cresciuto insieme, per andare con Maier. "Io facevo parte della famiglia Diebold- ha raccontato il suo compagno. Matteo cercava la stabilità".

 

In sostanza Maier per Diebold non era nient'altro che sì, un amico con cui condivideva la passione per la fotografia e l'arte moderna, ma semplicemente una persona sedicente esperta di finanza che avrebbe potuto far fruttare quei 200mila franchi ricevuti in eredità dopo la morte della madre, e che sarebbero poi serviti per concretizzare il sogno di acquistare una casa insieme. Diebold si era affidato a Maier soltanto per questo. Il suo compagno è sicuro che Diebold non lo avrebbe mai lasciato per Maier, anche perché era stato rassicurato più volte.

 

M.C., persona molto precisa e maniaco dell'ordine, è certo che la vaselina trovata sul tavolo della cucina, il telefonino e il preservativo non usato e srotolato, trovato sul comodino della vittima e ancora l'email scritta ad un'amica in cui Maier raccontava del suo amore per Diebold fossero tutti elementi di una messinscena architettata da Maier per far sì che le indagini degli inquirenti si concentrassero su di lui. Un tentativo di depistare le indagini che, evidentemente, non è andato a buon fine.

 

M.C. ha raccontato infine di quando tre agenti in borghese erano andati a casa per porlo in stato di fermo e interrogarlo: "Tornai dall'università e mi trovai tre agenti in borghese davanti alla mia casa. Mi presero e mi portarono a Lugano. Io chiedevo loro il motivo di questo fermo, e loro non mi dicevano niente, non mi davano nessuna risposta. Quando poi fui interrogato, queste persone continuavano a chiedermi cosa avessi fatto la sera prima e io chiedevo loro di chiamare Matteo. A un certo punto l'ispettore capo mi prese per un braccio e mi disse che Matteo era morto e che era stato ammazzato a coltellate. 'Sei stato tu' mi ha urlato in faccia. Io a quel punto ricordo di essere stato un fiume in piena. Urlavo loro che non era vero e che tutte queste cose succedevano soltanto in televisione. Mi sembrava di essere in un sogno. Quando mi hanno chiesto chi sarebbe potuto essere stato, all'inizio ho pensato a un vicino, poi a Maier".

 

 

 

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