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BELLINZONAOggi si decide se può restare in Ticino, Yasin: "Nessuno ancora mi dice niente"

21.02.14 - 11:47
Ore di preoccupazione per Yasin Rahmany, il 23enne iraniano che oggi rischia di essere espulso dalla Svizzera
Tipress
Oggi si decide se può restare in Ticino, Yasin: "Nessuno ancora mi dice niente"
Ore di preoccupazione per Yasin Rahmany, il 23enne iraniano che oggi rischia di essere espulso dalla Svizzera

BELLINZONA - Oggi si decide il destino di Yasin Rahmany, il 23enne iraniano fuggito dal suo paese nel 2008 e approdato a Bellinzona. Inizialmente accolto in Svizzera, Yasin ha aspettato sei anni affinché si decidesse sulla sua permanenza. Nel frattempo il giovane si è dato da fare, imparando l'italiano e riuscendo a diventare parrucchiere, professione che gli consente di sostenersi da solo.

Nonostante sia una giornata particolare, il giovane aspetta una risposta nel salone dove lavora. Tra una cliente e l'altra Yasin ci racconta che "non sono stato da uno psicologo come Arlind, ma sono molto teso. Sto aspettando una comunicazione ma nessuno ancora mi dice niente".

C'è molta amarezza nelle parole del 23enne che, nonostante la possibile espulsione, conserva un sentimento di riconoscenza nei confronti della Confederazione, "non dubito dell'appoggio che mi ha dato questo paese e della sua l'accoglienza. Mi sono sempre trovato bene ma arrivato a questo punto mi viene da chiedere perché questa politica debba prendere decisioni del genere".

Infatti per il giovane richiedente d'asilo "l'Ufficio federale delle migrazioni avrebbe dovuto valutare diversamente il mio caso, sono passati sei anni e io intanto mi sono integrato pienamente. Ho imparato una lingua completamente nuova da zero, ho finito una scuola professionale, ho trovato lavoro e mi mantengo da solo. In quest'ottica la decisione di espellermi non è giusta, per il resto posso solo ringraziare. Non è giusto però far aspettare sei anni una persona per poi mandarla via".

Yasin dice di sentirsi un caso diverso da quelli dei "richiedenti che dormono e non fanno niente senza integrarsi. I miei amici sanno quanto mi sono dato da fare e quanto in fretta abbia imparato l'italiano".

La sensazione è che il caso, sebbene siano passati sei anni, sia stato trattato in modo superficiale. Oggi sarebbe stato l'ultimo giorno di permanenza in Svizzera per il 23enne, ma grazie alla mobilitazione che c'è stata, l'iraniano ha potuto chiedere al Cantone di accettare il suo percorso e di richiedere un permesso. "Per il momento l'unica cosa che so è che stanno parlando con Berna. Il Consiglio di Stato è dalla mia parte - ci informa - ma non vuole decidere per non avere responsabilità, anche perché poi arriverebbero tanti altri casi".

L'eventuale permesso, che in questo caso sarebbe di tipo umanitario, è comunque una possibilità remota, in quanto viene rilasciato su specifiche ed eccezionali condizioni. "Cosa farei se dovessi andarmene? Me lo chiedono in tanti ma non voglio nemmeno pensarci, io spero che vada tutto bene. Sicuramente non tornerò da dove sono venuto, cercherò di andare altrove. In Iran non ci torno".

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