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CANTONE«Accuse illogiche (e senza prove) contro un uomo con dei limiti evidenti»

16.09.22 - 16:37
Difficoltà cognitive ed emotive e prove insufficienti, la difesa chiede il proscioglimento del 39enne
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«Accuse illogiche (e senza prove) contro un uomo con dei limiti evidenti»
Difficoltà cognitive ed emotive e prove insufficienti, la difesa chiede il proscioglimento del 39enne

MENDRISIO - Le dichiarazioni dell'accusatrice «peccano di linearità, costanza, logica e verosimiglianza. Senza dimenticare l'assenza totale di riscontri esterni». 

La parola, al processo in corso a Mendrisio nei confronti del 39enne kosovaro, è passata alla difesa, condotta dall'avvocato Yasar Ravi, che ha ribadito che «la credibilità dell'accusatrice privata è fortemente compromessa» dalle «incongruenze» nei verbali e nelle interrogazioni, anche combinandole con quelle della figlia e di altri parenti.

«Non possiamo accettare delle dichiarazioni del genere, a fronte di accuse così importanti», ha aggiunto Ravi, chiedendo il proscioglimento del suo cliente.

Un dramma nell'indifferenza?
Non si capisce - per la difesa - perché l'imputato non sia mai stato denunciato in precedenza, a fronte del drammatico vissuto narrato dall'accusatrice privata. «Non può destare più di qualche perplessità la circostanza per cui per oltre 8 anni, colei che parla di "clima di terrore, oggetto di percosse e ripetute violenze" non avrebbe mai trovato il modo di denunciarlo. Né lei né i fratelli, che venivano a trovarli regolarmente. Avrebbe anche potuto confidarsi con i docenti delle scuole», secondo gli avvocati dell'imputato, «che invece non hanno mai notato nulla di preoccupante. Anche con il medico ginecologo, che non ha riscontrato nulla di anomalo. A fronte di frequenti litigi («botte che lasciavano senza fiato»), è difficile immaginare come nessuno non abbia mai notato alcunché». 

Confrontando i verbali, la difesa ha poi sottolineato altre incongruenze nelle testimonianze («spesso ha stemperato le dichiarazioni iniziali, enfatizzate all'inverosimile»), mettendo in dubbio la credibilità del racconto dell'accusatrice privata (in particolare quello del 6 agosto, definito un racconto considerato privo di logica e pieno di incongruenze sullo svolgersi degli eventi - dov'era, come è stata colpita, se aveva con sé o meno il telefono, e come è stata afferrata la bambina di due anni, alla gola o alla mascella). «Non ci sarebbero poi riscontri medici dei colpi denunciati, non un riscontro, non una fotografia. Nessuno che l'ha poi incontrata negli 8 anni ha mai notato nulla».

«Ha difficoltà a provare emozioni, a relazionarsi»
Parlando dell'imputato, l'avvocato Ravi ha ribadito che risulta incensurato: in 24 anni non ha mai interessato le autorità di polizia.

Aldilà della documentazione medica, la Corte oggi «ha potuto percepire le difficoltà del 39enne, ad esempio di verbalizzazione. Non si tratta di un problema legato alla comprensione linguistica (come spiegato dal perito), ma di una vera e propria difficoltà a comprendere le domande. Problematiche che si riflettono nella vita di tutti i giorni. Le sue difficoltà sociali e relazionali - che sono evidenti - devono esserlo state anche per gli occhi della moglie, per cui le prospettive di vita si sono scontrate di fronte a una realtà ben diversa».

Per la difesa, «oltre a difficoltà cognitive (non è in grado di fare 3x3), la gamma di emozioni che riesce a provare ed esprimere è molto povera, è scarsamente empatico e legge difficilmente gli stati emotivi». La moglie si è quindi «ritrovata a vivere con un uomo incapace di gestire e provare emozioni, di socializzare, di occuparsi della famiglia. Queste si sono estese al rapporto con le figlie. Ciò emerge anche dal fatto che le figlie "non lo voglio nemmeno chiamare papà"... non è difficile immaginare perché non sia stato possibile instaurare un rapporto».

Prospettive di vita migliori?
La difesa crede che la realtà dei fatti sia quindi un'altra: «Abbiamo una giovane donna che accetta di sposare quello che per lei era un perfetto sconosciuto. Il mezzo migliore per le prospettive di vita future. Quando raggiunge la Svizzera, però, le prospettive di vita migliori non si realizzano: il marito non ha un'occupazione stabile e non è in grado di garantire il sostentamento della famiglia, da qui i litigi della coppia, da qui la frustrazione. Da qui il termine della relazione con l'imputato. Ma come uscirne, con la possibilità di rimanere in Svizzera? Esiste un'eccezione, in casi di avvenuta violenza nei confronti del soggetto in questione». L'ipotesi della difesa è questa.

«Che il clima in casa non fosse rose e fiori è chiaro, ed egli stesso ammette che abbiano avuto luogo vie di fatto, ma ciò non toglie il fatto che i pochi elementi che abbiamo a disposizione non ci permettono di ritenere con certezza la consapevolezza della vittima. Non stiamo giudicando il marito di origine balcanica padre e padrone, che non considera la donna come suo pari, davanti a questa corte c'è un uomo semplice, con limiti cognitivi importanti, che ha fatto una richiesta AI per lavorare in un ambiente protetto, conscio dei suoi limiti» ha concluso l'avvocato Ravi, «nessuno, oltre all'accusatrice, l'ha mai descritto come una persona con indole violenta».

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