Immagini sconvolgenti dal villaggio di Kanani, dove opera l'associazione Amici del Kenya, coordinata dal ticinese Fabio Stefanini
LOCARNO – L'avevano chiamato per riparare il tetto di una casa. Si è ritrovato di fronte una catapecchia, peggio di una stalla. Solo che lì di animali non ce ne sono. Lì, in quella baracca di Kanani, a Watamu, nel Kenya, vivono Purity Mapenzi Johnson e la sua famiglia. A raccontare la triste vicenda è Fabio Stefanini, locarnese, coordinatore dell'Associazione Amici del Kenya. «Sono operativo in Kenya da anni – dice –. Ma vedere questa pseudo abitazione mi ha fatto male al cuore. Ne ho viste tante di cose brutte. Mai come questa».
Entrava l’acqua piovana dal tetto – Purity (che significa Purezza) aveva chiesto a Fabio e al suo staff di eseguire una riparazione. In particolare di sistemare il tetto in makuti (foglie di palma) della sua casa di famiglia, perché da tempo entrava l’acqua piovana. «Le avevo promesso che sarei passato – spiega Stefanini –, in compagnia del fundi, il capo mastro».
In sei nella baracca – Una volta giunto sul posto, lo choc. «Guardandomi attorno, mi chiedevo dove fossero le bestie. Invece lì ci abitano Purity, la mamma Mary, il papà Johnson, i suoi due fratelli e sua sorella. In totale sei persone. Pazzesco».
Una situazione precaria – Purity frequenta la terza secondary school di Gede ed è seguita da Amici del Kenya. «La conosciamo da quando aveva 6 anni. È una ragazza dolcissima con tanta voglia di studiare. Viene sostenuta, a distanza, da una madrina che vive a Locarno». Un sostegno che sembra non bastare. La situazione di Purity è davvero precaria. «Ci occupiamo di 394 bimbi – riprende Stefanini –. Non conosciamo tutte le situazioni nello specifico. Non eravamo mai stati a casa di Purity».
L’abitudine alla povertà – Un'abitazione costruita con sterpaglie, sassi, pezzi di legno. Una casa dalle condizioni igieniche inesistenti. Senza acqua e senza luce. «Il fatto che mi meraviglio ancora di fronte a scenari simili, e che ne soffro con il cuore a pezzi, mi fa capire che non mi sono abituato alla povertà. Come diceva una grande persona: "Siamo sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo”».
Dignità umana – Una cosa è certa. Da adesso Amici del Kenya ha un nuovo, ulteriore, obiettivo. «Abbiamo deciso, senza un franco in tasca, che rifaremo quanto prima questa stalla e la trasformeremo in una casa degna di essere chiamata così. È una questione di dignità umana. Chi vuole darci una mano, si faccia avanti».