L’associazione creata da Astrid Okoye compie 10 anni e ora cerca una sede appropriata: «Ho vissuto la separazione. Si rischia di crollare».
LOCARNO – Alla ricerca disperata di una “casa”, per aiutare ancora di più le donne sole e in difficoltà. Storia dell’Associazione cristiana donne di conforto. E della sua fondatrice, Astrid Okoye, classe 1970, di Locarno. Una vera “donna coraggio” che ha vissuto le sofferenza del divorzio sulla sua pelle e che ha deciso di mettere la sua esperienza a disposizione del prossimo. «Questo – spiega – è l’anno del nostro decimo anniversario. Siamo pieni di richieste. E anche di merce che ci viene donata. Solo che non abbiamo una sede. Dobbiamo arrangiarci con un piccolo magazzino a Magadino».
Un fenomeno che esplode – Vestiti, scarpe, accessori, prodotti per la casa, accessori per la cucina, beni di prima necessità. A beneficiarne, grazie all’attività continua di quattro volontarie, sono donne che stanno attraversando un momento di forte disagio. Mica poco, considerando che in Svizzera oggi un matrimonio su due scoppia. «In tutto questo tempo – riprende Astrid – abbiamo aiutato decine di persone. Anche se negli ultimi cinque anni il fenomeno è esploso. Attualmente si rivolgono a noi più di 30 donne».
Depressione e burocrazia – Intendiamoci: il divorzio è devastante per chiunque. Indipendentemente dal sesso. Ma stando a statistiche nazionali, le donne sono due volte più colpite, rispetto agli uomini, dal rischio di povertà dopo un divorzio o una separazione. E questo soprattutto perché la donna, al momento della rottura della coppia, è spesso esclusa dal mondo del lavoro. «Una donna, in queste condizioni, spesso non sa da che parte girarsi. C’è chi cade in depressione, chi fa fatica a far fronte alla burocrazia, chi non riesce a tenere un certo bilancio economico. E le autorità, per ovvie ragioni, non sono in grado di seguire dettagliatamente queste persone dal punto di vista umano».
Buco finanziario – Astrid, al momento, detiene la curatela di 6 donne. «Persone che non riescono a gestirsi. C’è anche la paura di perdere i figli. O di non ricevere gli alimenti. Dopo una divisione può capitare che ci sia un periodo contraddistinto da un buco finanziario in attesa magari di ricevere un sostegno dallo Stato. Noi facciamo da ponte, in modo che la donna non resti da sola. Tutto in maniera no profit. Nessuna di noi percepisce un franco. Siamo contente così».
A rischio le 40enni – Stando alla casistica di Astrid, le donne più a rischio sarebbero quelle tra i 40 e i 45 anni. Con figli che frequentano la scuola elementare o le medie. «Si tratta, come detto, di donne che non si sono reintegrate nel settore professionale. La separazione le getta dunque in una situazione di grande precarietà finanziaria».
Tempi che si allungano – La 46enne di Locarno si guarda alle spalle. «Quando io ho divorziato, avevo 30 anni. È stato devastante. Mi sono veramente dovuta arrangiare. Ricordo ancora le chiamate da un ufficio all’altro. I tempi burocratici si dilatano a dismisura. E chi non ha un supporto, anche morale, rischia di crollare. Ci sono donne che fanno dentro e fuori dagli ospedali, e a casa hanno magari 2 o 3 bambini. Ho visto situazioni terribili».
La gioia di aiutare – Astrid rievoca un caso specifico. «Qualche tempo fa abbiamo avuto a che fare con una donna a cui le autorità avevano tolto tutto. Figli compresi. Aveva avuto una depressione ed era finita all’ospedale. Siamo riusciti, dapprima, a farla ospitare in una casa protetta. In seguito a farle trovare un lavoro e un appartamento. Per me è una gioia immensa vedere che una persona riesce a rialzarsi».
Vergogna – L’associazione fondata da Astrid, e diretta da suo marito Anthony, è di stampo cristiano. «Cerchiamo di dare un supporto spirituale alle donne che lo desiderano. Il profilo materiale è fondamentale, ma anche quello umano. A volte è proprio quello a mancare. Molte donne in difficoltà provano vergogna per la loro situazione. Sono convinta che ce ne siano ancora molte che restano in silenzio. Il nostro scopo è anche quello di fare sapere a queste persone che da noi ci possono essere una preghiera o una parola di conforto».
Alla ricerca di uno spazio – Il problema pratico di Astrid, tuttavia, è che in dieci anni l’associazione è cresciuta tanto. Forse troppo. E quel piccolo magazzino non basta più a contenere tutta la merce che viene donata e messa a disposizione delle donne in difficoltà. «Non è l’unico problema. Ci manca anche uno spazio in cui fare consulenza. Finora ci siamo arrangiate. O a casa mia, o direttamente al domicilio delle utenti. Per i prossimi anni sarà fondamentale trovare uno spazio tra Cugnasco e Locarno, preferibilmente gratuito e sulla strada cantonale. Solo così potremo davvero fare il salto di qualità».