Con un volantino entra nel vivo la lotta agli abusi sessuali in ambito ecclesiale
LUGANO – La scorsa estate non aveva mancato di far discutere il caso dell’ex parroco di 65 anni a processo per oltre 1'300 atti di coazione sessuale ai danni di una ragazza. È ora per evitare il ripetersi di episodi analoghi che anche nella Diocesi di Lugano entra nel vivo la lotta contro gli abusi sessuali. Una lotta che passa da un volantino che invita le vittime di abusi a farsi avanti e mettendo a disposizione delle persone di riferimento.
Ma questo non significa che, come ha spiegato stamani il vescovo Valerio Lazzeri in un incontro con la stampa, ogni segnalazione darà automaticamente il la a una denuncia. «La vittima viene informata e seguita, affinché sia poi lei stessa a presentare la denuncia. E anche l’operatore pastorale accusato viene esortato ad autodenunciarsi». Una denuncia automatica al Ministero Pubblico è prevista soltanto con il consenso della vittima e se i sospetti sono fondati, oppure qualora ci sia un pericolo di recidiva.
Per quanto riguarda l’operatore pastorale accusato di abusi, ogni segnalazione porta a un differente provvedimento. A dipendenza del ministero di cui si occupa e della gravità dei fatti, l’accusato viene assegnato a un nuovo incarico oppure immediatamente sospeso. In ogni caso, «il nome viene segnalato alla Congregazione della Dottrina della fede».
Il volantino – che sarà distribuito alle Parrocchie, ai movimenti, alle associazioni della Diocesi e che sarà disponibile anche online – è il risultato di una processo iniziato nel 2001, quando con il Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela erano stati dati i primi elementi di misure precise nell’ambito degli abusi sessuali all’interno della Chiesa. Nella Diocesi di Lugano è ora presente una commissione formata da esperti a disposizione per seguire le vittime.
Il dottor Carlo Calanchini, una delle persone di riferimento per le vittime, ha dunque detto che «è giusto prestare ascolto a chi ha subito degli abusi sessuali». E ha sottolineato che «non si tratta di una presa a carico terapeutica, ma di una consulenza preliminare che può portare a misure disciplinari o a una denuncia penale». Per la professoressa Rita Pezzati, l’altra persona di riferimento, questa campagna della Diocesi si inserisce «in un solco di un grande cambiamento, di una cultura della trasparenza e dell’accoglienza».
Anche la dottoressa Myriam Caranzano, direttrice della Fondazione della Svizzera italiana per l’aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia (Aspi), parla di «un segno forte da parte della Chiesa». E ricorda che «parlare degli abusi e dare ascolto alle vittime permette di ridurre il numero degli episodi».