Un 30enne locarnese senza impiego: «Costretto ad accettare condizioni proibitive» La Sezione del lavoro: «Non è vero. E un terzo di queste persone ritrova la luce»
POLLEGIO - «Il mio programma occupazionale? Al freddo e al gelo». Marco (il vero nome è noto alla redazione), 30 anni, ha perso il lavoro alcuni mesi fa. Oggi occupa il suo tempo alla Caritas di Pollegio. È lì che è stato piazzato dall’Ufficio Regionale di Collocamento del Locarnese, dove vive. Il suo compito? Smistare e smontare materiale elettrico. «Spesso anche pericoloso, tossico e velenoso», dice mostrando una documentazione fotografica. «L’URC mi costringe ad accettare condizioni proibitive – sostiene –. Voglio che la gente sappia cosa è costretto a fare un giovane disoccupato».
Tosse e diarrea - Marco, che vive con una donna madre di quattro bambini, racconta di avere grossi scompensi di salute, da quando lavora in questo ambiente. Dalla tosse alla diarrea. «Sto tutto il giorno al freddo – spiega –, in un posto fatiscente. I riscaldamenti sono sempre guasti. I bagni sono incrostati di feci e urine. Il grado di igiene è bassissimo».
Una situazione da approfondire - Rivendicazioni giustificate? Oppure lamentele superflue? In fondo, potrebbe obiettare qualcuno, da un luogo adibito allo smistamento e al riciclaggio di rifiuti elettronici forse non si può pretendere di più.
Il tempo non basta - Il 30enne racconta di rientrare a domicilio tutte le sere col morale sotto i tacchi. «Non mi sento un uomo. Se mi ribello, l’URC mi sanziona. Devo stare 8 ore al giorno in quel posto. Contando andata, ritorno e pranzo, sto fuori casa 10 ore al giorno. Come faccio a trovarmi un lavoro così? Ho mezza giornata di libero a settimana per fare le ricerche. Ma il tempo non basta. Le aziende non ti fanno più timbri al volo. Vogliono che mandi qualcosa di scritto. È un cane che si morde la coda. Ho paura di non uscirne più».
Percezione emotiva - Quella di Marco non è una lamentela isolata. Spesso, in passato, l’operato degli Uffici Regionali di Collocamento è stato al centro di discussioni accese. «L’impressione – sostiene Sergio Montorfani, capo della Sezione cantonale del lavoro – è che la percezione della persona in questione non consideri in modo oggettivo lo scopo dell’assegnazione al programma».
Uno su tre ce la fa - Il consulente del personale fa capo ai programmi d’occupazione per sostenere la persona nella ricerca di un impiego, quando le sole ricerche di lavoro non bastano. «Al disoccupato iscritto al programma – puntualizza Montorfani – viene dato tutto lo spazio necessario per lo svolgimento delle ricerche di lavoro. E in genere oltre un terzo dei partecipanti trova lavoro entro la fine del programma. Attualmente in Ticino sono 810 le persone che stanno affrontando un programma occupazionale. Delle 3.163 persone che hanno terminato un piano occupazionale nel corso dell’ultimo anno, 1.255 (il 39.7%) hanno ritrovato un posto di lavoro».
Scoramento - Alla Caritas di Pollegio la situazione è davvero quella descritta? Stefano Frisoli, responsabile dell’area, non ci sta. «Proprio ultimamente – sottolinea – abbiamo ricevuto due importanti riconoscimenti che attestano la qualità del nostro lavoro. La maggior parte dei nostri utenti è contenta. Purtroppo alcune persone si lasciano prendere dallo scoramento. E può capitare che vivano male questa esperienza. È una questione psicologica». Montorfani è sulla stessa lunghezza d’onda: «Le condizioni del programma rispettano le norme previste per le aziende nel ramo del riciclaggio».
Sanzioni per chi si ribella - Ma il disoccupato è obbligato ad accettare qualsiasi scenario propostogli dall’URC? Montorfani è chiaro: «Di principio nei programmi d’occupazione per disoccupati vengono proposte attività adeguate alla persona. Analogamente all’accettazione di un posto vacante, anche nel caso dell’assegnazione ad un programma d’occupazione, il disoccupato che la rifiuta è passibile di sanzioni».
Allargare le prospettive - Le lamentele? Secondo Montorfani sono rare. «E sono provenienti, in particolare, da persone che, a fronte dei propri desideri, non accettano facilmente l’indicazione di dovere allargare le ricerche d’impiego a occupazioni alternative, anche provvisorie, per ritrovare al più presto un’occupazione».