È il messaggio con cui Gianni Frizzo, eroe dello sciopero del 2008, si congeda dalle officine FFS. Da oggi è un pensionato: «Spero che i politici in futuro siano più concreti»
BELLINZONA - «Cosa ho provato quando ho chiuso per l'ultima volta la porta del mio ufficio? Un mix di emozioni pazzesco. Ancora non mi rendo conto di cosa mi stia accadendo». Gianni Frizzo da oggi è ufficialmente un pensionato. Mesolcinese, 60 anni compiuti da poco, è stato l'uomo simbolo dello sciopero alle officine FFS di Bellinzona nel 2008. Un operaio umile, ma anche un leader concreto, capace di convincere i vertici dell'ex regia federale a fare dietrofront sui loro progetti di smantellamento in Ticino. «Adesso non so cosa farò. Di certo continuerò a fare il presidente del comitato "Giù le mani dalle officine" e a restare vicino agli operai...»
Che messaggio vorrebbe lasciare ai suoi ormai ex colleghi?
In realtà è un messaggio che vorrei lanciare a tutti i lavoratori, in generale. Non bisogna mai piegarsi di fronte alle ingiustizie. Io quando, in questi anni, mi sono ritrovato di fronte i vertici dell'azienda non ho mai avuto dubbi. Quando si sa di essere nel giusto, non si deve avere paura. Bisogna costruire, lottare per i propri ideali, non subire.
Ha ricevuto un regalo in occasione del suo ultimo giorno di lavoro?
Sì. Un dipinto che stava appeso nel mio ufficio. Ricorda il mese dello sciopero, quel periodo incredibile che va dal 7 marzo al 9 aprile del 2008. D'altra parte io ho sempre avuto l'anima sindacale. E per questo me l'hanno donato facendomi una sorpresa. È un quadro che mi rappresenta.
Ben 37 anni e 6 mesi di servizio. Le mancherà la tuta arancione?
La sveglia non suonerà più alle 6 e un quarto di mattina. Conoscendomi, so che mi sveglierò ugualmente a quell'ora. Dovrò riorganizzare il mio tempo. Mi dedicherò alla lettura e alle uscite in bicicletta con mia moglie. E forse scoprirò qualche altra passione.
Si ricorda i suoi inizi alle officine?
Ho indossato la tuta il primo di marzo del 1979. Allora mi assunsero come tappezziere-decoratore. Poi nel 2000, la riqualifica, come elettromeccanico. E una nuova pagina della mia storia professionale all'interno delle officine.
Lei è ormai un pensionato, però sta continuando a partecipare alle riunioni del personale con i vertici delle FFS. Perché?
Ho partecipato anche alla recente riunione di piattaforma a Lucerna. E domani (oggi, per chi legge) riferiremo quanto discusso agli operai delle officine e alla stampa. Lo ribadisco, io le officine le ho nel cuore. Danno lavoro a centinaia di persone e formano tanti apprendisti. Senza contare che, in una particolare sezione, integrano pure i portatori di handicap. Socialmente hanno un ruolo fondamentale per il Ticino. Dovrebbero rendersene conto tutti.
A chi allude?
Ai politici. Nel 2008 la nostra rivolta fu seguitissima. E quasi tutti ci appoggiarono, almeno a parole. Questo bene comune, però, non deve essere difeso solo dalle maestranze. I politici stanno tentennando. È una mia sensazione. Hanno il timore, forse, di interferire troppo sulle scelte dell'azienda. Mi aspetto maggiore concretezza per il futuro. Altrimenti continueremo a rischiare di perdere questo patrimonio.