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SVIZZERAConfermata l'espulsione della "voce" dei Mapuche all'Onu

19.07.18 - 14:51
Flor Calfunao Paillalef dovrà definitivamente rientrare in Cile, il "suo" popolo non è oggetto di una persecuzione collettiva
Keystone
Confermata l'espulsione della "voce" dei Mapuche all'Onu
Flor Calfunao Paillalef dovrà definitivamente rientrare in Cile, il "suo" popolo non è oggetto di una persecuzione collettiva

SAN GALLO - Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha confermato l'espulsione dalla Svizzera di Flor Calfunao Paillalef, rappresentante del popolo Mapuche all'ONU di Ginevra. La donna dovrà definitivamente rientrare in Cile.

In una sentenza pubblicata oggi la corte giunge alla conclusione che i Mapuche non sono oggetto di una persecuzione collettiva in Cile. Non ogni membro deve temere seriamente che sussista un'elevata possibilità di essere perseguitato solo a causa della sua appartenenza. Pertanto il TAF conferma la decisione della Segreteria di Stato della migrazione (SEM). Anche i giudici sangallesi non vedono alcun motivo perché la donna non debba essere espulsa verso il Cile.

Al contempo la corte ammette che i conflitti e gli scontri armati tra i Mapuche e le autorità in relazione ai diritti di proprietà nella regione dell'Araucanía proseguono; viene addirittura constatato un aumento della repressione statale e paramilitare.

Flor Calfunao Paillalef era giunta illegalmente in Svizzera nel 1996. Nel 2008 aveva già presentato una domanda di asilo, che le era stata rifiutata due anni più tardi, una decisione confermata dal TAF nel 2013. Lo stesso anno aveva inoltrato un'altra richiesta sulla base di nuove prove. La SEM aveva accettato di riesaminare il suo caso, in relazione con le violenze contro i Mapuche in Cile.

Quattro anni dopo, la SEM ha dato nuovamente una risposta negativa, sottolineando che la militante potrebbe operare in patria rifugiandosi a Santiago del Cile. La donna si è quindi rivolta di nuovo al TAF, che ha ancora una volta dato ragione alla SEM. La sentenza è definitiva e non può essere portata davanti al Tribunale federale.

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