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BERNA“Il Governo ha meno paura dell’Ue che del proprio popolo”

13.02.15 - 07:11
Christoph Blocher reagisce alla proposta di attuazione del 9 febbraio, presentata mercoledì dal Governo
“Il Governo ha meno paura dell’Ue che del proprio popolo”
Christoph Blocher reagisce alla proposta di attuazione del 9 febbraio, presentata mercoledì dal Governo

BERNA - Intervista a Christoph Blocher all'indomani della presentazione del Governo federale delle proposte di attuazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa, votata dal popolo il 9 febbraio del 2014.

Contingenti e priorità nazionale: a prima vista la proposta del Consiglio federale per attuare l’iniziativa contro l’immigrazione di massa appare abbastanza rigida. Lei che ne pensa?
"La proposta è fatta in modo che appaia bene vista dall’esterno. Ma per i cittadini europei ci sono delle riserve, con cui il Consiglio federale concede all’Ue un diritto di veto. Il ricongiungimento famigliare non è stato inasprito e non c’è nessun tetto agli aiuti sociali. È ovvio: il Consiglio federale non vuole applicare l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, perché ha paura".

La limitazione dell’immigrazione di cittadini europei è applicabile solo se Bruxelles ci aiuta a trovare una soluzione comune. Con quanta probabilità accadrà?
"Questo dipende dalle nostre capacità di negoziazione. Se sbandieriamo in giro quanto siano importanti e indispensabili per noi gli accordi bilaterali, l’Unione europea si trova il coltello dalla parte del manico. Ma se comunicassimo loro con chiarezza che vogliamo attuare l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, quindi la volontà popolare, allora la nostra posizione negoziale si rafforzerebbe".

Un simile gioco all’attacco potrebbe avere anche dei rischi…
"Abbiamo un accordo con l’Ue, che contiene una clausola di salvaguardia. In qualità di partner forte, dobbiamo chiarire loro che siamo disposti a negoziare. Se, però, non vogliono negoziare, dobbiamo risolvere il contratto. Solo così potremo portare l’Ue a fare un passo nella nostra direzione. Ma il Consiglio federale infila la testa nella sabbia ancor prima di aver provato a negoziare seriamente. Con la proposta presentata ieri il governo ha, ancora una volta, mostrato che la sua posizione negoziale consiste nel fatto che i bilaterali sono un idolo intoccabile. Dal punto di vista di tecnica di negoziazione, è un’idiozia".

Il Consiglio federale dovrebbe prendere esempio dalla Grecia? Contrariamente ai desideri dell’Ue è stato formato un governo socialista…
"La Grecia è un caso del tutto diverso. Se l’Ue lasciasse cadere la Grecia, si tirerebbe la zappa sui piedi. I greci sono molto grati all’Ue, ma stanno dimostrando che vale la pena insistere sulla propria posizione. È per questo che sono forti. Difendono i propri interessi, nonostante i rischi che ciò comporta".

Lei accusa il Consiglio federale di avere poca spina dorsale. Questo comportamento potrebbe essere una strategia di negoziazione, o no?
"No. Da un lato è una questione di tempo, in questo modo si vuole che elezioni d’autunno non siano influenzate da un’eventuale decisione. Ma il motivo fondamentale per cui il Consiglio federale si comporta in questo modo è che in realtà vorrebbe aderire all’Ue. Perché ha meno paura dell’Ue che del proprio stesso popolo. Vuole togliere alla gente il potere supremo. Questo lo si vede in molti aspetti: il diritto internazionale è sempre più spesso al di sopra della Costituzione federale. Molte iniziativa non sono applicate correttamente. Si vorrebbe con vari strumenti indebolire il potere delle iniziative popolari".

Quando possiamo aspettarci un’iniziativa per l’applicazione da parte dell’Udc?
"Una volta che l’Ue deciderà se la Svizzera può imporre dei contingenti oppure no. E il governo accetterà questa decisione oppure no. Allora agiremo. Fino a quel momento non ci resta che attendere".

Cosa succederebbe se i bilaterali dovessero essere annullati?
"Non credo che accadrà. Anche la signora Merkel ha detto: “Non lasciamo cadere degli accordi che sono nel nostro interesse”. E, anche se questo dovesse accadere, la fine dei sei accordi bilaterali non sarebbe certamente la fine della Svizzera".

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