Si parla di quasi 300 milioni di franchi in materiale bellico esportato in 61 paesi
BERNA - Forte incremento degli affari per l'industria bellica elvetica: nei primi nove mesi dell'anno, sono state esportate armi in 61 Paesi per un valore di 299,2 milioni di franchi, 44,7 milioni in più rispetto alle stesso periodo del 2017 (+17,6%). Le cifre, pubblicate ieri dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO), sono state rese note oggi dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (Gsoa).
Questi dati potrebbero gettare ulteriore benzina sul fuoco delle discussioni, e delle polemiche, sorte attorno alla decisione del Consiglio federale di modificare l'ordinanza sull'export di materiale bellico, al fine di consentire vendite anche in Paesi coinvolti in un conflitto armato interno.
Tuttavia, già oggi secondo il Gsoa, vengono effettuate forniture a Paesi in guerra: materiale bellico del valore di 15 milioni è stato esportato verso Paesi coinvolti nell'attuale conflitto nello Yemen, combattuta da una coalizione formata da Bahrein, Egitto, Kuwait, Sudan e Emirati Arabi Uniti (9,5 milioni) sotto la guida dell'Arabia Saudita (2,2 milioni). La SECO ha anche autorizzato forniture verso la Thailandia (3,6 milioni) e il Pakistan (9,5 milioni).
Nei primi nove mesi, il maggior acquirente di materiale bellico elvetico è stato la Germania (60 milioni), seguita da Danimarca (51 milioni) e Stati Uniti (42,5 milioni),
Tenuto conto dei piani del Governo volti ad allentare i criteri per l'export di armi, lo scorso settembre il Consiglio nazionale ha approvato una mozione del Partito borghese democratico affinché i criteri definiti nell'ordinanza sulle esportazione di materiale bellico vengano inclusi nell'omonima legge.
In futuro, qualora la mozione venisse anche approvata dalla Camera dei Cantoni (ma qui dovrebbe avere vita dura e una bocciatura è assai probabile, n.d.r), eventuali modifiche sarebbero oggetto di un dibattito parlamentare e, in ultima istanza, attaccabili mediante referendum.