L'esposizione "Verwaltetes Leben - Die Kinder der Landstrasse und ihre Akten" (vita amministrata - i bambini della strada e i loro dossier) è stata allestita da Thomas Meier e Sara Galle, due storici dell'Università di Zurigo che da decenni si occupano di questo tema. L'esposizione, aperta fino al 14 luglio, è accompagnata da proiezioni cinematografiche, letture, discussioni e seminari, in parte dedicati anche alle classi scolastiche.
Meier e Galle, convinti che la questione sia sempre d'attualità, mostrano come i figli degli zingari siano stati trattati da criminali a causa di pregiudizi messi ufficialmente agli atti dalle autorità. I dossier dell'apparato burocratico - che spesso contenevano apprezzamenti come "stupido", "depravato" o "minorato" - furono anche utilizzati dalle autorità, dagli istituti e dalle cliniche a scopi di propaganda e di persecuzione nei confronti di una minoranza.
Ancora oggi alcuni di loro stanno combattendo per la loro riabilitazione e l'esposizione - sottolinea un comunicato dell'Archivio di Stato zurighese - dovrebbe far sì che certi fatti non vadano mai dimenticati.
Per 47 anni i figli degli jenish, dei sinti e dei rom della Svizzera furono sistematicamente sottratti ai loro genitori e collocati presso genitori affidatari, istituti, cliniche psichiatriche e orfanotrofi. La metà dei sequestri avvennero nel canton Grigioni, dove viveva la più numerosa comunità nomade. La maggior parte di questi bambini ricevette una formazione scolastica rudimentale o addirittura inesistente. Oltre l'80% di loro non ebbe alcuna possibilità di scegliere un mestiere. Più di un quarto fu dichiarato criminale e piazzato in un istituto chiuso.