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ARGOVIAIl reattore 1 di Beznau collegato alla rete dopo tre anni

20.03.18 - 15:30
Considerato uno dei più vecchi attualmente in funzione al mondo, era fermo da quando erano state riscontrate migliaia di "irregolarità" nella struttura di contenimento in acciaio del reattore
Keystone
Il reattore 1 di Beznau collegato alla rete dopo tre anni
Considerato uno dei più vecchi attualmente in funzione al mondo, era fermo da quando erano state riscontrate migliaia di "irregolarità" nella struttura di contenimento in acciaio del reattore

DÖTTINGEN - Il reattore numero 1 della centrale nucleare di Beznau, in Argovia, è stato riattivato dopo un'interruzione forzata durata tre anni. Il reattore ha ripreso oggi a funzionare e raggiungerà la sua massima potenza nei prossimi giorni.

La riattivazione e il collegamento alla rete è stata autorizzata due settimane fa dall'Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN), ha reso noto il gruppo energetico Axpo, proprietario della centrale.

Il reattore numero 1 dell'impianto, situato nel comune di Döttingen, è in funzione dal 1969 ed è considerato uno dei più vecchi attualmente in funzione al mondo. Era fermo dal marzo del 2015, quando era stata avviata una revisione durante la quale erano state scoperte, attraverso analisi con ultrasuoni, migliaia di "irregolarità" nella struttura di contenimento in acciaio del reattore.

Le verifiche condotte in questi tre anni hanno permesso di stabilire che si tratta di inclusioni di ossido di alluminio. Secondo quanto ha fatto sapere nelle scorse settimane l'IFSN, l'involucro di acciaio, previsto per resistere a pressioni molto elevate, «è il componente più importante di una centrale nucleare e non può cedere».

Per l'autorità federale di vigilanza sugli impianti nucleari, l'istallazione non presenta rischi per la sicurezza e il gestore Axpo ha fornito tutte le prove richieste. La società ha quindi potuto concludere la revisione interrotta nel 2015 e riattivare l'impianto.

Le analisi hanno comportato costi per 350 milioni di franchi, compresi 270 milioni di perdite di guadagno per lo stop forzato. Gli approfonditi esami hanno peraltro confermato le ipotesi di partenza: ossia che le inclusioni di ossido di alluminio risalgono alla fabbricazione del contenitore, avvenuta negli anni Sessanta in Francia.

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