È la professione del futuro a detta di tutti, ma di qui al 2024 si stimano quasi 25mila posizioni vacanti: perché la scuola non sa formare e per una mentalità ancora troppo chiusa
LUGANO - Non chiamateli solo "informatici". Ci sono anche "mediamatici", "designer dei media interattivi", "grafici" e "poligrafici", "impiegati di commercio": che fanno dell'online la loro specializzazione. Sono le professioni del futuro secondo Ict Svizzera, organizzazione ombrello per chi opera nel campo della tecnologia dell'informazione e della comunicazione. Parola d'ordine: digitalizzazione, fin troppo abusata come garanzia occupazionale. Eppure, entro il 2024 in Svizzera saranno quasi 25mila le posizioni aperte, nonostante corsi di formazione a venire, posti di apprendistato in incremento e un impiego pressoché certo.
Programmatori di software, questi sconosciuti - Scarseggiano i lavoratori qualificati, già fin d'ora: sviluppatori di software in particolare, 48% a luglio 2016; specialisti di banche dati e reti, 12%; ingegneri elettronici, 7%. E anche se l'insicurezza dei mercati, il franco forte e la Brexit hanno abbassato la stima dei professionisti che in più saranno necessari di qui al 2024, scesa da 87mila a 74.700, il vuoto resta importante. Dalle scuole usciranno "solo" 29.400 persone; 20.500 arriveranno inevitabilmente dall'estero. E gli altri 24.800?
Un'economia che va due volte più veloce - Un numero che lascia perplessi: e che si giustifica con «una professione sta crescendo due volte più veloce dell'economia», spiegano i responsabili nazionali Ict. L'incremento è del 3,2%, a fronte di una media generale di 1,5%. Così oggi si contano 210.800 occupati complessivi, 13mila in più rispetto al 2013. Ma solo 31mila sono donne; e in Ticino gli impiegati nel settore sono 4.700, il 2,9% della forza lavoro totale: la percentuale più bassa in Svizzera, dove la media è del 4,6%. Perché è anche «una questione di mentalità», ammette Cristina Giotto, Ated Ict Ticino. Che non usa mezzi termini quando dice che «dobbiamo rendere più sexy l'informatica».
Scuola e aziende non sanno dialogare - Consapevole che un grosso limite viene dalla scuola, la quale «deve fare uno sforzo maggiore e riorganizzare se stessa a seconda delle esigenze effettive delle aziende, con le quali deve entrare in comunicazione: oggigiorno si fatica a trovare persone formate nella maniera giusta». Attualmente i tirocini in Svizzera sono 9.200: 2mila in più di due anni fa e comunque insufficienti. Ma la qualità, racconta Giotto, è solo la metà del problema. «La nostra missione è riuscire ad appassionare i giovani». Che stentano ad avvicinarsi alla professione per «ragioni salariali» e per un pregiudizio che, le cifre lo dimostrano, crea distinguo di genere.
Questo (non) è un lavoro per donne - «Le donne temono che non sia un lavoro abbastanza creativo e si tengono alla larga, pensano che non sia per loro. Invece l'informatica offre molteplici opportunità: non ultima, sulla carta, quella di lavorare da casa. Sotto questo e altri aspetti la Svizzera è molto indietro rispetto ad altre realtà, come i Paesi scandinavi. Deve rimboccarsi le maniche, e in fretta. Rendere più attrattiva la formazione: a fronte però anche di assicurazioni di un buon stipendio».
Rimbocchiamoci le maniche: o resteremo fuori - Serve, in altre parole, «una rieducazione». Perché non c'è dubbio che il futuro è proprio quello lì. «Fra vent'anni tutti dovranno avere nel proprio curriculum una base di coding: o verranno tagliati fuori. L'informatica sarà ovunque, in qualsiasi azienda: non solo in quelle che se ne occupano direttamente». Qualche passo al proposito l'Ated lo sta facendo. Da gennaio 2017 due professionisti cominceranno a insegnare ai docenti l'uso dello scratch, linguaggio di programmazione che potrebbe «rendere le lezioni in classe più dinamiche». E, in sordina, sedurre i ragazzi.