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HCL"Spero che il mio sacrificio serva al Lugano per tornare a vincere: io amo questo club"

04.04.13 - 13:59
Larry Huras ha fatto trasparire chiaramente il suo dissapore per il licenziamento deciso dalla società bianconera facendo il "mea culpa" sulle sue mancanze
Ti-Press / Gabriele Putzu
"Spero che il mio sacrificio serva al Lugano per tornare a vincere: io amo questo club"
Larry Huras ha fatto trasparire chiaramente il suo dissapore per il licenziamento deciso dalla società bianconera facendo il "mea culpa" sulle sue mancanze
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LUGANO – Dopo la decisione presa dal Lugano nella giornata di martedì 2 aprile di licenziare il proprio allenatore, Larry Huras, nella mattinata di giovedì 4 è giunta la risposta del 55enne canadese. L’ex head coach di Ambrì, Berna e Zurigo non ha accettato di buon gusto la presa di posizione della società bianconera e, dopo aver smaltito la rabbia iniziale, ha voluto fare il punto della situazione facendo sentire la sua voce e le sue verità.

“Non ho certamente preso bene la decisione del CdA bianconero, non ho ancora avuto una spiegazione chiara del perché e mi ha sorpreso visto che io credo molto in questa squadra che abbiamo allestito in 17 mesi di duro lavoro e, se guardo al futuro con gli acquisti fatti, intravvedo che l’obiettivo prefisso poteva essere alla nostra portata: abbandonare ora la nave mi fa male, così come era successo nel 2006 quando poi vidi quella che era la mia squadra, che avevo plasmato con le mie mani, andare a vincere il titolo – ha esordito Huras –. A differenza dell’anno scorso, quando siamo usciti col Friborgo a gara-6 nei quarti, quando tutti erano quasi felici del nostro campionato, al termine di questa stagione vedevo negli occhi di tutti la rabbia, la delusione e la voglia di tornare subito sul ghiaccio per ricominciare e dare l’assalto al titolo: questo significa diventare una squadra vincente”.

Eppure Huras dall’anno prossimo non siederà più sulla panchina luganese, il suo successore non è ancora stato deciso, così come gli ultimi colpi di mercato, che nella mente del tecnico avrebbero creato quel mosaico perfetto per centrare il titolo. Già… il titolo… i giocatori. Si è spesso mormorato che siano stati alcuni di loro a “chiedere la testa di Huras”: “Non è assolutamente vero, nessuno di loro ha fatto in modo che andassi via: ho parlato prima, durante e dopo la stagione con i capitani della squadra e tutti volevano continuare con questo gruppo – ha sottolineato Larry –. È vero, ci sono stati dei ragazzi che si sono lamentati, ma un giocatore che gioca poco e non si lamenta è un giocatore morto. A me basta avere l’80% dello spogliatoio dalla mia parte, il resto lo seguirà prima o poi”.

Un giocatore morto è un giocatore che ovviamente non si incastra nei meccanismi del coach, ma di morto per Huras c’è ben altro: “Se dopo una regular season in cui abbiamo migliorato tantissimi aspetti, basti vedere la fase difensiva, così come il numero delle reti segnate e il boxplay, specialmente nei playoff, e un’eliminazione arrivata in gara-7, dopo una serie tiratissima, un allenatore deve essere licenziato allora… lo spirito dello sport è morto – ha dichiarato l’ormai ex coach del Lugano –. Ora come ora lo sport è fin troppo un business, io invece sono dell’idea che dopo una sconfitta bisogna ripartire, traendone qualche insegnamento. Però se il mio sacrificio servirà a riportare il Lugano alla vittoria, allora va bene”.

Larry ha poco da rinfacciare ai propri giocatori, anzi il suo primo pensiero è quello di fare “mea culpa”: “Io so di aver sbagliato in alcune cose, specie nella comunicazione con alcuni giocatori: ho parlato più con alcuni che con altri e questo era uno dei miei obiettivi per la prossima stagione, ovvero ascoltare. Non credo sia un problema insormontabile. L’importante era e sarà quella di organizzare una squadra fortissima in vista dell’anno prossimo, in fondo si parlava di un progetto di due anni e mi sarebbe piaciuto arrivare fino in fondo con questo gruppo che stavo plasmando anche con l’aiuto di Habisreutinger e di tutta la società – ha spiegato lo stesso Huras – Anche per questo mi dispiace lasciare Lugano, perché amo questo club e con l’arrivo di un nuovo centro straniero in attacco (tra le sue carte è spuntato il nome di Mike Santorelli che gioca in NHL nelle file di Winnipeg, anche se difficilmente arriverà, ndr) stavamo creando una squadra fortissima con una rosa competitiva, dove tutti avranno voglia di lottare per conquistare il posto sul ghiaccio, seguendo le caratteristiche fondamentali che una formazione vincente deve avere: puntare in alto, giocare in modo duro, intelligente, come un gruppo, con una grande forza mentale e un grande senso del sacrificio”.

Un Huras con le lacrime agli occhi ha voluto ringraziare tutta la società “per l’occasione che mi hanno dato di lavorare qui”, così come i giocatori perché “senza di loro un allenatore non è nulla e grazie a loro siamo migliorati tanto”, i tifosi “perché sono sempre stati meravigliosi, basti vedere come hanno incitato la squadra anche dopo la sconfitta in gara-4 con lo Zugo, e questo mi mancherà”, così come i media e la sua famiglia dal momento che “vivere con me, lo so, non è certo facile”.

Ora però è giunto il momento di pensare al futuro prossimo che “non sarà a Langnau, ma in Nord America. Li vive e gioca mio figlio ed è giunto il momento di pensare più a me stesso e di stargli vicino, potendo andare ad assistere dal vivo alle sue partite e non solo via internet”. Parlando di figli, Huras ha voluto parlare anche di Sannitz: “Per me è come un figlio e la decisione di mandarlo a Kloten è stata presa per il suo bene, per farlo maturare personalmente, per farlo giocare in una squadra dove doveva combattere per guadagnarsi il posto sul ghiaccio: spero che prima o poi mi ringrazierà di tutto questo”.

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