Sistemata la retroguardia, i bianconeri devono ora sbloccarsi lì davanti, dove solo Linus sa accendere la luce
LUGANO – C'è Linus Klasen e poi ci sono Elvis Merzlikins e le sue guardie della gabbia. Per il momento le altalenanti fortune del Lugano sono merito di questi interpreti. Gli altri, partendo dall'insipida pattuglia straniera che veste bianconero, alla Resega non stanno lasciando il segno. E senza l'apporto degli “import”, come amano chiamarli gli addetti ai lavori, la truppa ticinese sta completando una stagione anonima, un corsa ricca di troppe soste. Sta faticando, è inutile girarci intorno.
Vedere il Lugano finalista dell'anno passato trasformarsi lentamente in una squadra con poche idee e ancor meno verve è davvero disarmante.
Come è potuto accadere? Di chi è la colpa? Come si può risolvere la situazione?
Alle prime due domande la dirigenza farebbe bene a rispondere solo a bocce ferme. Più importante, in questo momento, è riuscire a risollevarsi. In che modo? Serve che chi gioca accanto a Klasen – l'unico sempre ispiratissimo – si dimostri più cattivo. Segni. A inizio anno i problemi bianconeri sono stati mascherati dagli exploit di Bürgler. Nell'ultimo periodo, con il 28enne in leggero calo (e ieri uscito malconcio, come Wilson, dalla partita della PostFinance Arena), la squadra ha perso un punto di riferimento. E le certezze sono svanite. Con Brunner, Zackrisson e Martensson (ma anche Hofmann e Bertaggia) che proprio non ingranano, il Lugano fa meno paura. E questo è incredibilmente controproducente su entrambi i lati della pista: sapere di avere davanti a sé una squadra con l'attacco dalle polveri bagnate (appena dieci reti segnate nelle ultime cinque uscite), spinge infatti l'avversario di turno a rischiare di più, a spingere di più e... a mettere sotto pressione la difesa guidata da Merzlikins. Qui, fortunatamente per loro, con il rientro di Furrer i bianconeri si sono riscoperti compatti. Appena due gol incassati nel weekend, nonostante una vita trascorsa in boxplay (tra Losanna e Berna, al netto delle zuffe di Lapierre, i ticinesi si sono visti fischiare 30' di penalità, più della metà dei quali sfociati in un'inferiorità numerica), sono infatti un dato più che positivo, da quale ripartire per tentare di risalire la china.
Ritrovare serenità là davanti. Pescare in qualche modo (Pettersson è davvero ingaggiabile? Qualche sniper in squadra si risveglierà?) un interprete in grado di concretizzare le invenzioni di Klasen. Levare pressione ai difensori. Sono questi i primi nodi che Shedden e la società dovranno sciogliere. Di lavoro da fare ce n'è parecchio.